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Louvre, indagine ferma: il furto che imbarazza la Francia

- di: Marta Giannoni
 
Louvre, indagine ferma: il furto che imbarazza la Francia
Louvre, indagine ferma: il furto che imbarazza la Francia
Indagini senza svolte: dopo il colpo da 88 milioni di euro alla Galleria di Apollo, i quattro ladri restano un fantasma. Dna su un gilet e montacarichi rubato non bastano. Il Louvre e la politica francese sono sotto pressione.

Che cosa sappiamo davvero

Gli investigatori stringono su due indizi: un gilet ad alta visibilità abbandonato con tracce di Dna e una piattaforma elevatrice risultata rubata nei giorni precedenti in periferia. Per ora nessuna corrispondenza utile nelle banche dati e nessun arresto. Il mezzo usato per entrare dalla finestra della Galleria di Apollo sarebbe stato dato alle fiamme durante la fuga, riducendo la qualità delle tracce utili.

Come è andato il colpo

L’azione è stata rapida e chirurgica: quattro individui travestiti da operai hanno forzato un accesso esterno, distrutto due teche mirate e prelevato otto gioielli ottocenteschi legati alla corona imperiale in sette minuti. Il celebre diamante Regent non è stato toccato. Gli allarmi sono scattati, ma i ladri avevano già imboccato la via di fuga.

Che cosa è sparito

Nell’elenco figurano una parure di zaffiri associata a esponenti della casa Borbone-Bonaparte, una collana e orecchini di smeraldi e alcuni ornamenti da corsetto riconducibili all’imperatrice Eugénie. Il valore economico stimato è di 88 milioni, ma quello storico è incalcolabile.

Palazzo e museo, la linea ufficiale

La ministra della Cultura Rachida Dati ha difeso l’operato del museo in Parlamento: “Il sistema di sicurezza del Louvre ha funzionato.” Il presidente Emmanuel Macron ha parlato di “attacco al patrimonio” e ha chiesto risultati rapidi. Indiscrezioni riferiscono di dimissioni presentate e respinte dalla presidente del museo Laurence des Cars, con l’invito politico a “tenere duro”.

Le teche sotto accusa

Si discute sulla resistenza delle nuove teche. Alcune ricostruzioni le descrivono come meno robuste rispetto ai vecchi sistemi con chiusura automatica; il Louvre respinge la tesi e parla di impianti precedenti obsoleti e rischiosi per i manufatti. Resta la domanda cruciale: come è stato possibile sfondare due vetrine e dileguarsi in pochi minuti?

Perché il bottino è quasi invendibile

La via del mercato nero è impervia per oggetti così noti. L’ipotesi più citata è lo smontaggio per estrarre le pietre e disperderle in canali di riciclaggio. Ma tagli, inclusioni e montature lasciano impronte riconoscibili agli esperti. Ogni giorno che passa diminuiscono le probabilità di recuperare i pezzi integri.

Un problema di sistema

Il caso ha scoperchiato criticità note: coperture video non uniformi, organici ridotti, lavori di aggiornamento ancora in corso. Il governo promette audit e potenziamenti, mentre il Louvre procede con il piano di rinnovamento a medio termine. Intanto l’opinione pubblica parla di “umiliazione nazionale”.

Che cosa succede adesso

La brigade de répression du banditisme lavora su telecamere, tabulati e possibili complicità logistiche. L’ipotesi di un mandante resta sul tavolo. Obiettivo dichiarato: “Recuperare le opere e prendere gli autori.” Ma lo scenario, oggi, è quello di un’indagine in stallo.

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