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Pechino ordina: “Scaricare i dazi sui consumatori Usa”. Shein e Temu alzano i prezzi

- di: Jole Rosati
 
Pechino ordina: “Scaricare i dazi sui consumatori Usa”. Shein e Temu alzano i prezzi
Dal 25 aprile scattano i rincari sulle piattaforme cinesi: Pechino scarica su Trump la responsabilità, mentre esplodono gli acquisti last minute. Silicon Valley in allarme, i rivenditori Usa sperano nella rivincita.
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I saldi sono finiti: la guerra dei dazi fa lievitare i prezzi di Shein e Temu
Dal 25 aprile l’America low cost dovrà fare i conti con un’amara sorpresa: le due regine dello shopping online, Shein e Temu, alzeranno i prezzi per i clienti statunitensi. Un rincaro senza precedenti che le piattaforme attribuiscono direttamente “ai recenti cambiamenti normativi e tariffari globali”, ovvero alla nuova raffica di dazi firmata da Donald Trump. Il tycoon ha deciso di colpire il cuore del modello asiatico basato sulla velocità e sui prezzi stracciati. E a pagare, alla fine, sarà proprio l’acquirente americano.

Pechino ordina: “Scaricare il costo sui clienti Usa”
Non è solo una mossa commerciale. Secondo fonti industriali raccolte da Reuters e Bloomberg, le autorità cinesi avrebbero dato indicazione chiara ai colossi dell’e-commerce: “Non assorbire i nuovi dazi, ma trasferirli alla clientela americana”. Una risposta politica alla stretta trumpiana, che punta a erodere il vantaggio competitivo dei brand cinesi.
Shein – che ha sede legale a Singapore ma il cuore operativo in Cina – ha visto un’impennata delle vendite in America: +28,6% a marzo, +37,5% solo nei primi 11 giorni di aprile. Temu (gruppo PDD Holdings) ha fatto ancora meglio: +46,3% e +59,6% rispettivamente. Un “assalto alla diligenza” in vista dei rincari, con milioni di americani corsi a fare scorte finché i prezzi restano bassi.

Trump stringe il cappio: fine dell’esenzione “de minimis”
Il punto di rottura è la cancellazione dell’esenzione doganale sui pacchi sotto gli 800 dollari, la cosiddetta “clausola de minimis”, usata da Shein e Temu per inondare gli Usa di prodotti a basso costo. Con l’ordine esecutivo firmato da Trump ad aprile – operativo dal 2 maggio – anche questi pacchi verranno tassati con un’aliquota monstre del 145%. Addio scappatoie: ogni T-shirt, cover per smartphone o mascara importato dalla Cina costerà di più.
L’amministrazione accusa i colossi cinesi di aver “abusato” della soglia de minimis per far entrare in America “merci contraffatte, non sicure, e perfino stupefacenti”. Ma la stretta colpisce indistintamente tutto, anche il business legale e certificato.

La rivolta dei consumatori americani
La reazione sui social non si è fatta attendere. Su TikTok e Reddit è esplosa la rabbia: “Trump rovina anche lo shopping”, “Ora ci tocca pagare 30 dollari una felpa da 8”. Alcuni influencer hanno invitato i fan a usare VPN e servizi di spedizione estera per bypassare i rincari. Altri hanno virato su app alternative come AliExpress o piattaforme europee, mentre Amazon – sotto assedio negli ultimi mesi – spera in un “effetto boomerang” che riporti traffico sul suo marketplace.
Nel frattempo Shein ha tagliato del 19% le spese pubblicitarie in Usa, Temu addirittura del 31%, concentrandosi su mercati meno ostili. Lo riporta The Guardian: “È una ritirata tattica. Ma il vero match si gioca sulla sopravvivenza del loro modello di business”.

Silicon Valley con Trump? Non proprio
Curiosamente, la Silicon Valley osserva il caos con nervosismo. Meta e Google, che ricavavano milioni dalle campagne pubblicitarie di Shein e Temu, temono ora una frenata degli introiti. Ma ancora più preoccupati sono gli investitori dei fondi tech, che vedono nella guerra commerciale un freno alla globalizzazione digitale.
“Siamo di fronte a un’era post-free market dove le tariffe diventano strumento ideologico”, ha dichiarato il professore di economia del MIT David Autor a CNBC. “Trump non difende l’industria americana: sta sabotando la libertà di scelta dei consumatori”.

Una svolta che può riscrivere gli equilibri
Le grandi catene americane – da Walmart a Target – sperano in un’occasione per riconquistare terreno. Ma temono anche la reazione dei clienti, sempre più abituati a prezzi impossibili da eguagliare. Intanto l’Unione europea osserva con attenzione. Anche Bruxelles vuole ridiscutere la clausola de minimis e rafforzare il controllo sui flussi dall’Asia.
In gioco non c’è solo il futuro di Shein e Temu. C’è la direzione del commercio globale nei prossimi dieci anni. E la domanda è una sola: finisce l’era del “tutto e subito a due dollari”?




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