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Dazi alla Trump, la bufala del secolo. Cottarelli e Krugman: Numeri falsi, formula folle

- di: Giuseppe Castellini
 
Dazi alla Trump, la bufala del secolo. Cottarelli e Krugman: Numeri falsi, formula folle
Krugman: È una follia. Cottarelli: Conteggia anche l’Iva, roba da matti. Ma intanto l’America si auto-sabota.
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Donald Trump ha deciso di dichiarare guerra al mondo con una calcolatrice rotta. La famigerata “tabella dei dazi reciproci”, sfoderata in pompa magna durante il suo “Liberation Day”, è stata smontata in poche ore da premi Nobel e tecnici economici come un castello di carte. Altro che liberazione: è un sequestro ideologico dell’economia americana basato su numeri inventati.
La Casa Bianca sostiene che l’Unione europea applichi un incredibile 39% di dazi sulle merci statunitensi. Un dato privo di ogni fondamento. La realtà? Tra l’1% e il 3%, secondo le stime degli esperti. 
Lo dice Paul Krugman, premio Nobel per l’economia: La colonna di sinistra che mostra i dazi che gli altri Paesi applicherebbero sui prodotti Usa è completamente folle. La Ue ha dazi medi intorno al 3%. Da dove viene questo 39%? Non ne ho idea”.
La risposta, tragicamente surreale, arriva direttamente dall’Ufficio del Rappresentante per il Commercio Usa. Il calcolo non tiene conto dei dazi reali, ma prende il deficit commerciale bilaterale e lo divide per le importazioni. Il risultato, moltiplicato per cento e poi diviso per due, genera i “dazi corretti” made in Trump. Una formula talmente assurda da sembrare satira. Eppure è diventata la base per imporre contro-dazi del 20% all’Europa, e del 49% alla Cambogia.
Cottarelli affonda il colpo: “Trump vende una bufala dicendo che l’Europa mette il 39% di dazi, perché lui conteggia anche l’Iva che non è un dazio. Possibile che non lo sappia?”.
Ma dietro l’apparente confusione, c’è una strategia brutale: colpire chiunque non si pieghi all’America di Trump. Nel mirino, oltre ai numeri gonfiati, c’è anche la regolamentazione europea su agricoltura e sicurezza alimentare. Il pollame lavato nel cloro, rifiutato dall’UE, è trattato come un affronto economico. La tassa sul valore aggiunto, uguale per tutti i produttori europei, viene equiparata a un dazio punitivo. È la riscrittura delle regole del commercio mondiale secondo il principio “se non vinco, cambio il gioco”.
Ma c’è un paradosso: portare i deficit bilaterali a zero, come dichiarato ufficialmente da Washington, significherebbe azzerare anche il surplus finanziario che alimenta Wall Street. È un’autosanzione mascherata da protezionismo. L’America si tira la zappa sui piedi e pretende applausi.
Trump ha trasformato il commercio globale in un ring truccato, dove i dati servono solo a giustificare i pugni. In mezzo, c’è un’Europa sbalordita ma non più sorpresa. È ora che Bruxelles smetta di cercare compromessi con un partner che gioca con le regole della propaganda, non con quelle del libero mercato.
La bufala è servita. A stelle e strisce.

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