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Cedolare secca per i negozi: la spinta contro il degrado

- di: Bruno Coletta
 
Cedolare secca per i negozi: la spinta contro il degrado
Cedolare secca per i negozi: la spinta contro il degrado
Il ministro apre all’estensione della flat tax sugli affitti dei locali commerciali. Obiettivo: riaccendere le luci nei centri storici, con una soglia che potrebbe salire fino a 1.500 mq.

La cedolare secca sui negozi torna al centro del dibattito come leva per contrastare la desertificazione urbana. L’ipotesi allo studio prevede l’inserimento della misura in manovra, con un perimetro più ampio rispetto al passato: non solo il ripescaggio della sperimentazione, ma un quadro stabile e più inclusivo per gli affitti commerciali.

Che cosa cambierebbe

Il punto più dirompente riguarda la soglia di superficie. Se in passato la sperimentazione era rimasta ancorata a limiti più bassi, oggi l’asticella potrebbe alzarsi fino a 1.500 metri quadrati. L’obiettivo dichiarato è riportare sul mercato gli spazi vuoti, favorendo proprietari e conduttori che scelgono di rimettere in moto attività in strade e piazze sempre più spente.

Perché si parla di desertificazione urbana

La crisi del commercio di prossimità ha prodotto saracinesche abbassate, locali sfitti e una percezione di insicurezza nelle ore serali. L’idea è che una fiscalità più semplice e prevedibile possa ridurre i tempi di inattività e accelerare la riapertura di spazi oggi inutilizzati, con effetti positivi su vivibilità, qualità urbana e presidi sociali nei quartieri storici.

Come funzionava la sperimentazione

Nel 2019 la cedolare secca commerciale si applicava, in via temporanea, a immobili di categoria catastale C/1, fino a una superficie di 600 mq (pertinenze escluse), con aliquota di riferimento al 21% e proprietari persone fisiche. La misura non fu prorogata. Oggi il confronto politico punta a rendere strutturale lo strumento, con nuovi parametri e platea estesa.

Le incognite da sciogliere

  • Coperture: qual è l’impatto sul gettito e come si bilanciano i minori introiti con i benefici economici e sociali?
  • Platee: resterà il vincolo ai soli proprietari persone fisiche o ci sarà una maggiore apertura?
  • Dettagli tecnici: criteri di calcolo della superficie, trattamento delle pertinenze, clausole anti-abuso, coordinamento con norme locali su commercio e urbanistica.

Gli effetti attesi sulle città

Se ben congegnata, la cedolare secca può innescare un circolo virtuoso: più convenienza a locare, riattivazione delle vetrine, nuova attrattività per servizi e artigianato, più persone in strada e quindi maggiore percezione di sicurezza. A beneficiarne sarebbero in particolare i centri storici e i quartieri semicentrali, spesso caratterizzati da ricambio generazionale difficile e costi fissi elevati.

Le voci dal campo

“Ogni saracinesca che si abbassa è un danno per tutti”, è il ragionamento che accompagna la proposta. L’accento è sulla funzione sociale del commercio di vicinato, specie nelle fasce orarie serali: “Non è accettabile che la gente abbia paura di uscire dopo una certa ora”. In parallelo, da parte delle associazioni dei proprietari arriva un sostegno motivato dalla necessità di riportare sul mercato gli spazi sfitti con incentivi semplici e immediati.

Cosa può andare storto

Una misura troppo generosa rischia di favorire i grandi player rispetto alle micro-imprese. Per questo servirà un disegno mirato, capace di evitare effetti regressivi e di coordinarsi con politiche locali su arredi, mobilità, sicurezza e rigenerazione urbana. Cruciale la misurazione degli impatti nel tempo: riaperture, durata dei contratti, occupazione, qualità dei servizi.

La cronologia essenziale

  • 2019: debutto della cedolare secca commerciale con limiti stringenti e durata annuale.
  • 2023: la riforma fiscale riapre il dossier per una possibile reintroduzione stabile.
  • Oggi: si valuta l’inserimento in manovra con soglia fino a 1.500 mq e un impianto più ampio.

Il punto

La cedolare secca per i negozi è una politica urbana travestita da misura fiscale. Funzionerà se saprà accendere le luci dove oggi prevalgono serrande chiuse e spazi senza identità, sostenendo chi investe sul territorio senza distorsioni e con regole chiare. La sfida non è solo l’aliquota: è la capacità di ricucire le città pezzo dopo pezzo.

“Sarebbe un segnale concreto per evitare tante saracinesche chiuse”, è la sintesi del fronte favorevole; “riportare sul mercato spazi oggi vuoti” resta l’obiettivo dichiarato.

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