Pil a +4,8% nel terzo trimestre, vendite al dettaglio +3% e industria in ripresa. La Pboc non muove l’Lpr, il mattone scivola e la tregua sui dazi con gli Usa pesa sulle scelte di Pechino.
(Foto: il presidente cinese Xi Jinping).
La Cina chiude il terzo trimestre con Pil a +4,8% su base annua, in rallentamento rispetto al +5,2% di aprile-giugno ma allineato alle attese e sufficiente, per ora, a tenere in vista l’obiettivo di “circa il 5%” sull’intero 2025. Su base congiunturale l’aumento è dell’1,1%, migliore delle stime. Il punto è la composizione: la domanda interna non decolla, il settore immobiliare resta zavorra e il contesto esterno è disturbato da dazi e controlli incrociati tra Pechino e Washington.
Un’economia che corre meno
Tradotto: la seconda economia mondiale cresce, ma con più fatica e più dipendenza dall’export rispetto a quanto vorrebbe il governo.
Consumi lenti, fabbriche in spinta
Settembre fotografa bene il dualismo. Le vendite al dettaglio segnano +3% annuo, minimo da dieci mesi, confermando consumi anemici e rischi di pressioni deflazionistiche. All’opposto, la produzione industriale accelera al +6,5%, sopra attese, spinta anche da ordini esteri più robusti. Gli investimenti fissi nei primi nove mesi si fermano a -0,5%, primo segno negativo dell’anno.
Tassi immobili e cantiere riforme
La Pboc lascia invariati per il quinto mese i tassi di riferimento: Lpr a un anno 3,0% e Lpr a cinque anni 3,5%. Messaggio: prudenza in vista degli appuntamenti politici, ma opzioni aperte su possibili mosse su Lpr/Rrr se i dati autunnali non basteranno. L’inflazione bassa offre margini, ma la priorità è stabilità finanziaria.
Mattone ancora in discesa
Il mattone resta l’anello debole. A settembre i prezzi delle nuove abitazioni calano di circa 0,4% sul mese e -2,2% sull’anno: il ribasso più marcato degli ultimi undici mesi. La correzione erode fiducia e ricchezza delle famiglie e rischia di allungare i tempi della normalizzazione senza interventi più incisivi.
Export in ripresa, ma l’attrito con gli Usa non molla
L’export di settembre torna a correre con un +8,3% annuo, ma l’aria resta turbata: tra minacce di nuovi rialzi tariffari e ritorsioni, la tregua concordata in estate è stata prorogata e tiene un coperchio temporaneo sulle tensioni, non le spegne.
Che cosa guarda Pechino
L’indicazione dei numeri è netta: senza una rotazione verso i consumi, la crescita resta sbilanciata. Nel quarto trimestre è lecito attendersi più spesa pubblica e cantieri infrastrutturali, mentre i consumi potrebbero rimanere leggeri. Sul dossier immobiliare servono mutui più leggeri, rigenerazione urbana e incentivi all’acquisto nelle città con surplus di invenduto.
Le frasi chiave
“Giudicando dai dati dei primi nove mesi, la Cina può ancora centrare il target, inviando il segnale di saper reggere la pressione esterna”, osserva un analista di lungo corso del mercato cinese.“Il quarto trimestre sarà pesante di investimenti e leggero di consumi; la priorità politica è fermare il calo della formazione di capitale”.
Perché conta per l’Europa (e per l’Italia)
Per l’Europa e per l’Italia manifatturiera, una Cina che cresce meno ma spinge sull’export significa concorrenza più dura su prezzi e quote nei mercati terzi, e una domanda cinese meno vivace che può raffreddare i beni di fascia alta. Servono strategie di vendita più flessibili e una mappa dei rischi aggiornata sulle catene di fornitura.