Morgan Stanley vede 139,7% del Pil: per frenarlo servono surplus “da austerity”. Intanto i Btp tengono, l’Europa stringe le regole e la Francia rincorre: lo spazio di manovra è stretto.
Un messaggio semplice e scomodo: il debito italiano non è più in fase di stabilizzazione, ma su una traiettoria di crescita. La spinta viene dal peggioramento della forbice tra crescita nominale e costo del debito: i tassi pesano più del Pil e la dinamica aritmetica fa il resto.
Cosa dice davvero l’allarme
Le proiezioni indicano il rapporto debito/Pil verso il 139,7% nel 2026. L’unica medicina efficace, per ora, è tornare a surplus primari di lungo periodo, nell’ordine di almeno l’1,5% del Pil. Non un colpo di bacchetta: una disciplina pluriennale.
Il contesto: meno vento in poppa, più gravità
Il ciclo favorevole post-pandemia si è esaurito. La crescita attesa resta debole, e il rientro del disavanzo sotto il 3% è previsto solo nel 2026. Intanto, in Europa il debito tende a risalire complice un differenziale tassi-crescita meno amico e gli stock-flow adjustments che pesano sulle statistiche.
La tenuta dei Btp (per ora) e lo spread
I rendimenti dei Btp decennali orbitano attorno al 3,5–3,6%, con lo spread in area +88 punti base. Non è tempesta, ma lo spazio è limitato: senza più crescita, il costo del debito si mangia ogni margine.
L’Europa stringe i bulloni
Con il nuovo Patto di stabilità, l’Italia deve presentare un percorso pluriennale credibile: deficit verso il 3% e debito su traiettoria discendente. Un obiettivo alla portata sulla carta; la prova vera sarà mantenerlo mentre si finanziano priorità non rinviabili.
Confronto scomodo: la Francia ci tallona
La Francia viaggia con disavanzo elevato e debito in salita. Segno che il tema non è “italiano”, è europeo: la normalizzazione dei tassi presenta il conto a chi ha conti pubblici strutturalmente in deficit.
La chiave del surplus: storia e realtà
L’Italia ha una tradizione di avanzi primari che torna utile. Dopo gli anni straordinari, si è riacceso il segno “più”. Ma portarlo stabilmente verso l’1,5% richiede scelte: difesa, transizione, sanità e competitività si contenderanno risorse scarse.
Cosa fare adesso (senza illusioni)
Primo: aumentare la crescita potenziale con produttività, capitale umano e tecnologia nelle Pmi, occupazione femminile più alta. Secondo: selezionare gli incentivi, puntando su investimenti con moltiplicatori elevati ed evitando misure episodiche. Terzo: proteggere la credibilità: i mercati premiano i programmi coerenti e verificabili.
Il messaggio politico
Non basterà una manovra “soft”. Servono disciplina, selettività e riforme pro-crescita. In assenza di tutto questo, l’Italia resterà appesa al ciclo, e ogni scossone sui tassi o sull’export farà pendere la bilancia dalla parte sbagliata.