Lagarde tra pressioni globali e politica monetaria: tassi invariati, occhio alla diversificazione e al cambio.
Un doppio colpo per l’Europa: tariffe e valuta sfavorevole
L’economia europea si trova di fronte a quella che Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, ha definito una doppia minaccia: da un lato, l’applicazione di tariffe Usa tra il 12 % e il 16 % sugli export dell’eurozona — una cifra che oscilla all’interno delle previsioni base della Bce, ma più alta del previsto; dall’altro, il deprezzamento del dollaro — stimato fino al 25 % — che, paradossalmente, funge da ulteriore dazio per i produttori europei sul mercato statunitense.
Questa combinazione di costi reali e indiretti — tariffe aumentate e cambio sfavorevole — svilisce la competitività europea oltre i meri dazi doganali.
Politica monetaria in stallo: tassi fermi ma tendenza al taglio
A metà agosto, un sondaggio indica che la Bce manterrà i tassi al 2 % almeno fino a settembre, con una probabilità intorno al 47 % di un taglio entro fine anno, possibilmente a dicembre. Analogamente, a fine luglio il board si è orientato verso una pausa, tra incertezze commerciali e crescita fiacca, e sebbene una tariffa del 15 % sia politicamente più accettabile rispetto al picco del 30 % ventilato, resta un fattore di freno sull’economia.
Nonostante l’inflazione sia perfettamente al target — 2 % a luglio — gli analisti segnalano che la combinazione di cambio forte e protezionismo Usa potrebbe spingere la Bce a considerare ulteriori misure espansive.
Le parole di Lagarde: tra chiarezza e prudenza
Nel suo intervento a Ginevra, Lagarde ha sottolineato che l’attuale scenario tariffario — pur peggiorativo — è “vicino” alle condizioni previste dalla Bce nelle proiezioni di giugno e ben lontano dallo scenario peggiore. Tuttavia, le incertezze rimangono forti in settori strategici come quelli farmaceutico e dei semiconduttori, dove la mancanza di accordi chiari può pesare su investimenti e supply-chain.
Inoltre, ha richiamato l’importanza di diversificare i partner commerciali dell’Europa, sfruttando la forza del suo modello orientato all’export per attenuare l’impatto delle pressioni Usa.
L’euro tra forza e pericolo per le esportazioni
L’euro si è rafforzato rispetto al dollaro, salendo a circa 1,17 USD — un +13 % da inizio 2025. Sebbene a prima vista questo rafforzamento sembri un elemento di debolezza (prodotti europei più costosi all’estero), riflette anche la solidità dell’economia eurozona secondo Lagarde.
I mercati, però, stanno valutando un ulteriore indebolimento del dollaro, in vista di possibili tagli dei tassi da parte della Fed e delle tensioni fiscali Usa che potrebbero ridurre la sua attrattiva. In questo quadro, un cambio spinto verso 1,20 USD non è escluso — un altro “dazio” per gli esportatori europei.
Il quadro complessivo
- Tariffe Usa (12–16 %): peso reale sui costi dell’export.
- Deprezzamento del dollaro / rafforzamento dell’euro: rende l’export più caro.
- Tassi Bce (2 %): inversione possibile entro fine anno.
- Settori a rischio (pharma, semiconduttori): incertezza su investimenti e catene globali.
- Diversificazione commerciale: strategia chiave indicata da Lagarde.
- Risposte di politica monetaria: Bce mantiene flessibilità, attende dati e accordi.
Un crocevia delicato
L’Europa naviga in un crocevia delicato. Da una parte, protezionismo e cambio forte riducono la slancio delle esportazioni; dall’altra, la Bce adotta un atteggiamento misurato, pronta a intervenire “meeting by meeting” se il quadro dovesse deteriorarsi. In questo mix di sfide, la diversificazione commerciale emerge come mossa strategica indispensabile per preservare la crescita futura.