Merz punterebbe su giovani-investitori da 6 anni, ma la Bundesbank chiama all’azione forte, esperti sbigottiti e la crisi corre.
(Foto: il cancelliere tedesco Friedrich Merz).
Il cuore del problema: il crollo demografico che spinge il sistema pensionistico verso il vuoto
La Germania è sull’orlo di una crisi pensionistica di dimensioni epocali. Entro il 2036 19,5 milioni di baby-boomer saranno andati in pensione, mentre appena 12,5 milioni di nuovi lavoratori entreranno nel mercato: un calo della forza lavoro del 9 %. L’impatto sarà dirompente: nel 2040, ogni 100 lavoratori dovranno sostenere 41 pensionati, rispetto ai 30 attuali.
Già oggi il peso sul bilancio è enorme: nel 2024 circa un quarto del bilancio federale—117,9 miliardi di euro—è destinato a tappare il buco delle pensioni. La Bundesbank ha aggiornato: nel 2025 sono 133 miliardi di euro, pari al 27 % del bilancio pubblico.
La risposta “da 10 euro al mese”: un lavoretto con velleità simboliche
Il cancelliere Friedrich Merz promuove un’iniziativa chiamata “early-start pension”: 10 € al mese versati dallo Stato su un conto di risparmio in azioni a favore dei bambini tra i 6 e i 18 anni.
Secondo simulazioni diffuse nel dibattito, con un rendimento medio annuo dell’8 % (ipotesi su storici DAX), il montante potrebbe arrivare a circa 107.000 €, mentre il solo contributo statale da 10 € al mese per 12 anni è pari a 1.440 €. Con un rendimento del 7 %, altri calcoli stimano fino a 65.000 € in 50 anni.
Il meccanismo punta a “educare” le famiglie all’investimento, ma oggi in Germania investe in azioni o fondi solo il 17 % degli adulti (contro il 39 % nel Regno Unito e il 62 % negli Stati Uniti). Inoltre, il 37 % dei 9.000 miliardi € di risparmio domestico è parcheggiato in contanti o depositi a basso rendimento; una meta che il 49 % dei risparmiatori preferisce per l’assenza di rischio. Il timore reale: anche un’inflazione “modesta” del 2 % l’anno eroderà il valore effettivo dei risparmi nel tempo.
Critiche da ogni lato: dal sindacato alla Bundesbank, passando per gli economisti
IG Metall, il potente sindacato dei metalmeccanici, ha bollato l’iniziativa come “fuori dalla realtà e pericolosa”, chiedendo invece il rafforzamento del sistema pensionistico pubblico.
La Bundesbank sottolinea che la proposta è insufficiente e che il governo ignora gli incentivi perversi all’uscita anticipata dal lavoro; serve legare l’età pensionabile alla speranza di vita e aumentare le penalità per chi non contribuisce abbastanza.
Economisti dell’Ifo si dicono delusi: le misure introdotte—come l’allargamento della pensione per le madri—non bastano; manca una vera riforma strutturale.
Qualche apertura, ma senza rottura
Il governo ha previsto altre misure marginali: aumento del “valore attuale delle pensioni” da 39,32 € a 40,79 € dal 1° luglio 2025 (+3,74 %). Previsto anche l’equilibrio del tasso contributivo al 48 % fino al 2031, co-finanziato con fondi fiscali.
Nel contratto di coalizione è inserito anche un piano per introdurre conti pensionistici individuali (terzo pilastro) e incentivi fiscali per chi lavora oltre l’età pensionabile fino a 2.000 € al mese esentasse.
Lo sfondo più ampio: demografia, contraddizioni, pericolo sistemico
Il rapido invecchiamento della popolazione tedesca è un fatto acquisito: la quota di anziani (65+) rispetto alla popolazione lavorativa (20–64 anni) salirà dal 37 % del 2022 a quasi il 50 % entro il 2050.
Le spese legate a pensioni, sanità e assistenza sono destinate a superare il 24 % del PIL entro il 2060, dai meno del 20 % attuali, con il rischio—se nulla cambia—di un declassamento del merito di credito anche di due categorie.
Il reddito pro capite reale, già zoppicante per inflazione ed effetti post-pandemia, accentua la fragilità del Paese.
Simboli vs sostanza
Il piano da 10 € al mese è brillante, ma resta un gesto simbolico. Serve una strategia più audace: adeguare l’età pensionabile alla vita media, penalizzare l’uscita anticipata, introdurre una revisione fiscale davvero equilibrata fra generazioni. Diplomi brillanti e promesse dolci non bastano: servono scelte forti e concrete, per non lasciare ai giovani il conto salato di una crisi evitabile.