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Sei milioni verso la pensione: italia a rischio vuoto di lavoro

- di: Vittorio Massi
 
Sei milioni verso la pensione: italia a rischio vuoto di lavoro
Italia verso il vuoto generazionale: sei milioni verso la pensione
Quando a chi va  a riposa non subentra chi lavora: il dramma demografico spinge il Paese al cambio paradigma.

L’Italia si trova in una fase cruciale: nei prossimi dieci anni circa 6,1 milioni di lavoratori lasceranno il mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, aprendo una voragine demografica che mette sotto scacco il welfare, la crescita e la sostenibilità dei conti pubblici. È il grido d’allarme lanciato da Natale Forlani, presidente dell’Inapp, nel corso dell’audizione del 23 settembre 2025 presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla transizione demografica.

Questo fenomeno, definito “esodo generazionale”, agisce come un vento contrario che non può essere contrastato da una semplice manovra sui requisiti pensionistici: serve un piano a tutto campo, che rigeneri la popolazione attiva, rafforzi le politiche di equità e ripensi profondamente il concetto stesso di welfare.

La tempesta perfetta: numeri che lasciano senza fiato

Il bluff dell’invecchiamento attivo

Nei prossimi dieci anni usciranno dal mondo del lavoro circa 6,1 milioni di italiani. Entro il 2060, la popolazione in età lavorativa (20-64 anni) è stimata in calo di oltre un terzo. La spesa pensionistica, oggi attorno al 15% del Pil, è proiettata verso quota 17% entro il 2040, comprimendo i margini per investimenti e politiche pubbliche.

Welfare sotto pressione: pensioni, cura e non autosufficienza

Oltre 4 milioni di over 65 non autosufficienti necessitano di assistenza continuativa, ma soltanto il 7,6% è accolto in strutture residenziali. La domanda di cura cresce in modo strutturale — e con essa, la necessità di ripensare i servizi territoriali, l’assistenza domiciliare e la differenziazione tra anziani attivi e non autosufficienti.

Le leve indispensabili per resistere

Rigenerare la forza lavoro

“Allungare l’età del pensionamento non è risolutivo”, ha avvertito Forlani. L’essenziale è ricostituire la popolazione attiva. Le risorse da attivare sono molteplici:

  • Donne: su 7,8 milioni di donne tra 15 e 64 anni fuori dal mercato del lavoro, oltre 1,2 milioni dichiarano di voler lavorare, con punte più alte al Sud. Per molte, la barriera è legata ai carichi familiari.
  • Giovani: servono percorsi stabili, formazione mirata e transizioni protette scuola-lavoro per alzare la qualità dell’occupazione.
  • Anziani attivi: promuovere permanenze volontarie e percorsi di phased retirement senza irrigidire il sistema.
  • Immigrati regolari: investire su inclusione linguistica e professionale per ampliare la base occupazionale e le competenze disponibili.

Politiche di genere e cura

Il nodo della cura è centrale: l’80% delle donne che non lavorano né cercano impiego — nelle fasce centrali d’età — cita motivi familiari. Proprio le madri mostrano la maggiore disponibilità ad adattarsi ai lavori offerti e circa la metà accetterebbe un impiego anche con salari inferiori a 1.000 euro netti al mese. Per invertire la rotta servono asili, servizi di prossimità, flessibilità oraria e misure fiscali a sostegno delle famiglie.

Ripensare il welfare: da protezione a piattaforma

Le scelte chiave includono la riforma dell’assistenza territoriale e domiciliare, la ristrutturazione delle Rsa, la differenziazione delle prestazioni in base all’autonomia residua e l’uso di tecnologie — telemedicina e dispositivi di supporto — per ridurre la pressione sui modelli tradizionali.

Gli ostacoli che frenano il cambio di passo

Contratti e incentivi: efficacia da rifinire

Gli incentivi alle assunzioni stabili funzionano nell’immediato ma mostrano effetti di lungo periodo modesti se non accompagnati da formazione, riqualificazione e semplificazioni. La priorità è favorire conversioni durature e ridurre la giungla normativa che disincentiva l’investimento in capitale umano.

Produttività e competenze

Rimpiazzare i pensionamenti non basta. Occorre alzare la produttività con politiche attive efficaci, istruzione tecnica, upskilling e innovazione di processo, così da compensare la riduzione della forza lavoro e spingere il valore aggiunto per occupato.

Tempo politico e visione

La brevità dei cicli politici ostacola un progetto che guardi oltre la legislatura. Servono impegni interpartitici e una governance capace di coordinare demografia, mercato del lavoro, welfare e migrazioni in un unico disegno.

Perché non bastano gli aggiustamenti: serve una visione nazionale

Affidarsi al solo allungamento dell’età pensionabile o a requisiti più severi è un palliativo. Il rischio è una spirale: meno lavoratori, più spesa sociale, meno investimenti e crescita asfittica. La risposta è un piano generazionale che punti su donne, giovani, anziani attivi e immigrati; rinnovi il welfare con un modello di cura flessibile; rafforzi competenze e produttività; e coordini le politiche con obiettivi misurabili.

Solo così l’Italia potrà trasformare l’esodo in rinascita.

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