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I progetti dell'Eni si incagliano sull'Europa verde: stop al finanziamento per l'impianto di Ravenna

- di: Angela Morizzi
 
I progetti dell'Eni si incagliano sull'Europa verde: stop al finanziamento per l'impianto di Ravenna
Il percorso dell’Eni in quest’inizio di 2021 non è dei migliori: accidentato come non mai in alcuni dei settori su cui il gigante energetico italiano sta puntando con decisione, redigendo piani che, oggi, sembrano essere lontani dalla realtà, ritenendo forse il management del Cane a sei zampe che qualsiasi cosa esso dovesse partorire sarebbe sempre accompagnato da un benevolo atteggiamento del governo. Cosa che, d’altra parte, è sempre stata, tanto che per l’Eni si è spesso parlato di una grande attenzione, da parte dei nostri governanti; una cosa che si perpetua da tanto tempo.

Oggi non è così e le scelte gestionali dell’Eni, in termini di piani di lungo periodo, sembrano andare a cozzare con l’indirizzo generale (quello europeo, per capirci) che pare volere mettersi per traverso sui suoi progetti. A guardare i grandi numeri dell’Eni, i piccoli inciampi delle ultime settimane sembrerebbero potere essere metabolizzati con pochissimi effetti negativi. Ma non è sempre così. Il caso dell’impianto di stoccaggio di anidride carbonica di Ravenna è paradigmatico di una netta inversione di tendenza.

Infatti dalle pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza sembra essere sparita quella che prevedeva, per la struttura, un finanziamento dallo Stato pari ad un miliardo e 350 milioni di euro. E va bene, dirà qualcuno, può sempre accadere che sulle parti economiche di un piano si intervenga spostando da qui a lì nell’ambito di un progetto più generale. Forse, ma in questo caso le spiegazioni sarebbero diverse e, a dirla tutta, molto penalizzanti per l’Eni. Perché, come sostengono alcune delle organizzazioni ambientaliste in prima linea contro l’impianto di Ravenna, la cancellazione dello stanziamento sarebbe conseguenza della presa d’atto che ormai l’Europa di Ursula von der Leyen ha un anima ed un spirito (e, purtroppo per l’Eni) anche un portafoglio verdi.

Tradotto in parole povere il progetto che ruota intorno all’impianto di Ravenna non rientra nei programmi dell’Ue che punta sull’idrogeno verde (quello prodotto dall’acqua, utilizzandola come energia rinnovabile) più che su quello blu (conseguenza del ricorso al metano). Quindi, questo caso rientra in una visione più ampia che contrasta nettamente con quella dell’Eni che, oltre a quello che si decide a Bruxelles, dovrebbe guardare anche in casa propria dove si moltiplicano i segnali di nervosismo da parte del sindacato che non sembra più disposto ad accettare piani – per i quali si chiede ai lavoratori piena condivisione - che non siano veramente realizzabili. In poche parole i sindacati sembrano dire di capire la difficile contingenza economica mondiale, ma di non volere essere l’anello debole della catena, quello che si può spezzare solo con una piccola pressione.

L’esempio più recente è quello della raffineria di Stagno, i cui rappresentanti sindacali hanno espresso le loro enormi preoccupazione per il futuro, non riconoscendo credibilità alle dichiarazioni dell’ad De Scalzi che ha spostato molto in là nel tempo (2050) la fine del processo di cambiamento dell’Eni in qualcosa di sensibilmente diverso da oggi. Una affermazione che, anziché tranquillizzare, ha aumentato esponenzialmente le paure che questo processo ricada esclusivamente sulla forza lavoro, con pesanti tagli all’occupazione. Le reazioni, ad oggi, sono improntate a spirito costruttivo, che, traducendo il linguaggio sindacale, significa: non possiamo andare avanti per troppo tempo con sulla testa una scure incombente. Ma l’Eni, al di là della normale dialettica tra patronato e sindacato, sembra non avere modificato i suoi disegni.

Cosa che lascia intravedere altre nubi sul Cane a sei zampe. Che però, bisogna ammetterlo, un piccolo colpo lo ha messo a segno. Come? Garantendo, nell’immediato, la sicurezza sanitaria al suo amministratore delegato, grazie alla vaccinazione contro il Covid-19. A chi si chiede come mai De Scalzi sia riuscito a farsi vaccinare non essendo, nell’ordine, impegnato nel settore sanitario o ultraottantenne, possiamo dire che la risposta viene da lontano. E non è un modo di dire perché lui s’è fatto vaccinare a Dubai, dove non risulta essere residente. E forse è il caso di chiuderla qui, lasciando ad altri il compito di fare polemiche.
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