Von der Leyen (foto) o definisce “il più ambizioso di sempre”, ma agricoltori, governi e Parlamento insorgono. Meno fondi per la Pac, più difesa e prestiti comuni: si riaccende la guerra politica a Bruxelles.
Duemila miliardi e una bufera: il bilancio Ue spacca l’Europa
La Commissione europea ha scoperto le carte. Il 16 luglio 2025, a Bruxelles, Ursula von der Leyen ha presentato il nuovo Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2028-2034: un maxi bilancio da 2.000 miliardi di euro che dovrebbe traghettare l’Unione verso un futuro più competitivo, sicuro e integrato. Ma è bastata un’ora di conferenza stampa per far deflagrare una tempesta. Il piano è stato accolto da critiche feroci in Parlamento, dagli agricoltori e da diversi governi. Lo scontro è aperto.
“È più ampio, più intelligente, più incisivo”, ha dichiarato von der Leyen. Ma dietro la facciata delle grandi ambizioni si nasconde una proposta che cambia le regole del gioco: accorpamenti, nuovi vincoli, tagli ai pilastri storici dell’Ue e un salto deciso verso la centralizzazione.
Coesione e Pac accorpate: cambia tutto
Il cuore del bilancio è rappresentato dai nuovi Piani di partenariato nazionali e regionali, che da soli assorbiranno 865 miliardi. Qui confluiranno la Politica agricola comune (Pac), i fondi di coesione, il Fondo sociale europeo, gli affari interni e persino i rimborsi del Next Generation EU. Tradotto: ciò che finora era suddiviso in capitoli autonomi sarà gestito in un unico contenitore, legato a riforme e obiettivi predefiniti. Solo chi dimostrerà di raggiungerli riceverà i fondi.
Il vicepresidente Raffaele Fitto ha ottenuto un salvagente da 218 miliardi per le regioni meno sviluppate e ha assicurato che la proposta “potrà migliorare nel dialogo con Parlamento e Stati”. Ma il malcontento è già esploso.
Pac sotto attacco: la rabbia degli agricoltori
Il taglio più contestato è quello alla Pac, che passa da 378 a 300 miliardi. Di questi, 302 saranno vincolati al sostegno del reddito, ma non saranno più distribuiti automaticamente. Serviranno impegni, rendicontazioni, piani dettagliati. Coldiretti ha reagito senza mezzi termini: “È un disastro annunciato. Saremo in mobilitazione permanente”. Ancora più netto il commento della Cia: “È la fine dell’agricoltura”.
Anche le principali organizzazioni di categoria francesi, polacche e spagnole stanno preparando proteste coordinate. Il mondo agricolo è di nuovo pronto a riempire le piazze.
Difesa, spazio, tecnologia: le nuove priorità
Il segnale politico è chiaro: l’Europa cambia rotta. La spesa per la difesa e lo spazio quintuplica, salendo a 131 miliardi. Il Fondo per la competitività riceverà 451 miliardi e servirà a sostenere la transizione verde, l’innovazione tecnologica, la sanità e la ricerca. Horizon Europe, il programma per la scienza, avrà 175 miliardi.
Un’altra voce di peso è quella per l’azione esterna: 200 miliardi, di cui 100 per l’Ucraina e 15 per gestire crisi future. Saranno triplicati anche i fondi per i confini esterni, segnale evidente della priorità data al controllo migratorio.
Catalyst Europe: torna lo spettro del debito comune
Il bilancio prevede anche la creazione del nuovo strumento chiamato Catalyst Europe: 150 miliardi in prestiti garantiti dall’Ue per finanziare progetti strategici negli Stati membri. In pratica, un’estensione permanente della logica del Recovery Fund.
Ma l’idea di un debito comune europeo ha già riaperto vecchie ferite. Berlino è contraria a nuove forme di mutualizzazione. Dura anche l’Olanda: il ministro delle Finanze Eelco Heinen ha dichiarato che “il bilancio è troppo elevato. Dovremmo pensare a come spendere meglio, non solo di più”.
Nuove tasse Ue: tabacco, rifiuti e giganti aziendali nel mirino
Per finanziare tutto questo, la Commissione punta su nuove risorse proprie: accise su rifiuti elettronici (15 miliardi l’anno), tabacco (11,2 miliardi), e un contributo forfettario da 6,8 miliardi per le grandi aziende con fatturato sopra i 100 milioni di euro. Anche Amazon, Meta e Google potrebbero finire nel mirino.
Il bilancio prevede anche un aumento del contributo nazionale: dal 1,13% all’1,26% del reddito nazionale lordo. Ma von der Leyen ha assicurato che “il contributo resterà stabile”, proprio grazie alle nuove entrate fiscali. Una rassicurazione che, per ora, convince poco.
Il Parlamento sul piede di guerra
Le forze europeiste dell’Eurocamera hanno reagito duramente. “Non accetteremo alcuna riduzione del controllo parlamentare né una rinazionalizzazione delle principali politiche dell’Ue”, hanno tuonato in una nota congiunta i capigruppo di Ppe, S&D, Renew e Verdi, tra cui Manfred Webe