La manovra ridisegna il “semaforo” sui pagamenti pubblici: controlli mirati sulle cartelle per tributi erariali e, in molti casi, incasso ridotto. Ordini professionali sul piede di guerra.
(Foto: Nicola Calandrini, presidente Commissione Bilancio del Senato).
Dal 1° gennaio 2026 il rapporto tra professionisti e Pubblica amministrazione rischia di diventare più… “contabile” che mai. Il punto non è solo la velocità (o la lentezza) dei pagamenti: è il diritto stesso a incassare l’intera parcella quando esistono debiti fiscali pendenti. La discussione nasce dentro la Legge di bilancio 2026 e si incrocia con un meccanismo già noto alle amministrazioni: la verifica inadempimenti legata alle cartelle esattoriali.
Che cosa cambia davvero dal 2026
Il cuore della novità è l’estensione (e l’irrigidimento) dei controlli sui pagamenti dovuti ai professionisti, con una logica che punta a evitare blocchi “a tappeto” ma introduce una trattenuta automatica in diversi casi.
Secondo la ricostruzione circolata nelle ultime settimane e le successive correzioni in sede parlamentare, la verifica viene ricondotta alle sole cartelle iscritte a ruolo per tributi erariali, abbandonando formule troppo generiche sulla “regolarità fiscale” che avrebbero potuto far scattare stop anche per situazioni controverse o non definitive.
Il nuovo “doppio binario”: trattenuta sotto soglia, stop sopra soglia
La mediazione discussa in Parlamento ruota attorno a un impianto che distingue due fasce:
- Debiti fino a 5.000 euro: la Pa paga, ma decurta l’importo corrispondente al debito e lo “trattiene” in pratica come compensazione.
- Debiti oltre 5.000 euro: resta la logica più dura: blocco dei pagamenti secondo il perimetro della disciplina già conosciuta dalle amministrazioni.
In altre parole: per molti professionisti non si tratta più di “pagato o non pagato”, bensì di quanto viene pagato, e quanto viene trattenuto.
Da dove viene tutto questo: l’art. 48-bis e la verifica inadempimenti
Il meccanismo non nasce da zero. Da anni le pubbliche amministrazioni, prima di disporre determinati pagamenti, possono essere tenute a verificare se il beneficiario risulta inadempiente per cartelle. È la logica della verifica inadempimenti ex art. 48-bis del D.P.R. 602/1973, gestita operativamente tramite il servizio dedicato dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Fin qui, la soglia “simbolo” era quella dei 5.000 euro (con regole e passaggi che hanno conosciuto nel tempo chiarimenti e istruzioni operative). La manovra 2026 prova a spostare l’asticella per i compensi professionali: meno spazio ai pagamenti integrali quando esistono pendenze, anche se di importo contenuto, e maggiore automatismo nella trattenuta.
Il nodo pratico: fattura elettronica e documenti da allegare
Tra le novità più discusse c’è l’idea di collegare la procedura alla fattura elettronica, chiedendo al professionista di produrre documentazione utile a far scattare correttamente la trattenuta nei casi sotto soglia. In particolare, viene indicato l’estratto di ruolo dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione come documento chiave per consentire il calcolo della decurtazione e prevenire blocchi indiscriminati.
Per chi lavora spesso con enti pubblici, questo significa una cosa molto concreta: prima della fattura, serve una fotografia aggiornata della propria posizione a ruolo. Non per “autodenunciarsi”, ma per evitare di ritrovarsi in un limbo amministrativo tra uffici, piattaforme e pagamenti sospesi.
Le reazioni: ordini e categorie alzano la voce
La norma ha provocato una raffica di prese di posizione. Il Consiglio Nazionale Forense ha criticato l’impostazione definendola penalizzante per il lavoro autonomo, con il timore di un effetto domino su chi opera stabilmente con la Pa. Anche l’Organismo Congressuale Forense ha chiesto di rivedere la stretta e, in alcune dichiarazioni, ha spinto per uno slittamento dell’entrata in vigore.
Non solo avvocati: il Consiglio Nazionale degli Ingegneri e altre rappresentanze tecniche hanno evidenziato l’impatto economico e burocratico, sottolineando che una trattenuta automatica, anche per importi piccoli, può trasformarsi in instabilità di cassa, soprattutto per studi che anticipano costi e collaborazioni.
Il dibattito politico: correzioni, emendamenti e “linea di mezzo”
In Parlamento la partita si è giocata a colpi di emendamenti. In questo quadro, è stata riportata l’approvazione di una riformulazione collegata al lavoro del presidente della Commissione Bilancio del Senato, Nicola Calandrini, con l’obiettivo dichiarato di limitare l’oggetto dei controlli (cartelle per tributi erariali) e ridurre il rischio di stop dovuti a formulazioni troppo ampie.
Il risultato è una “linea di mezzo” che prova a evitare l’effetto più temuto dalle categorie: il blocco totale per qualunque irregolarità. Ma la contropartita è evidente: si normalizza la trattenuta quando esiste un debito sotto soglia, rendendo l’incasso “a saldo” sempre meno scontato.
Cosa deve fare un professionista: checklist anti-sorprese
- Verifica la posizione a ruolo: controlla cartelle e importi effettivamente iscritti a ruolo, con attenzione a cosa rientra nei tributi erariali.
- Distingui tra debito, rateizzazione e contenzioso: alcune situazioni possono avere trattamenti diversi nella prassi amministrativa; serve documentazione ordinata e aggiornata.
- Prepara l’estratto di ruolo se richiesto in abbinamento alla fattura elettronica: è il documento che consente di “pilotare” correttamente la trattenuta ed evitare rimbalzi tra uffici.
- Monitora le scadenze: un importo piccolo può diventare un problema grande se cade nel momento sbagliato (ad esempio a ridosso di una liquidazione attesa).
- Rinegozia i tempi con lo studio: se lavori molto con la Pa, considera l’effetto-cassa: incassi potenzialmente più bassi, anche senza variazioni del fatturato.
Perché la questione non è solo fiscale
Il tema tocca un nervo scoperto: la differenza tra recuperare un debito e “toccare” un compenso. I critici sostengono che lo Stato, da committente, finirebbe per trasformarsi in un soggetto che condiziona il pagamento della prestazione resa, con effetti più pesanti su chi lavora soprattutto (o esclusivamente) con amministrazioni pubbliche.
I sostenitori, invece, leggono la norma come un modo per rendere più efficace il recupero dei crediti erariali: se lo Stato deve pagare, può anche trattenere ciò che gli è dovuto, riducendo passaggi e tempi della riscossione.
Il punto di arrivo: incassi più “variabili” e burocrazia più puntuale
Se l’impianto verrà confermato, dal 2026 il professionista che fattura alla Pa dovrà abituarsi a una regola semplice (e un po’ spietata): prima si guarda al ruolo, poi si paga. Non sempre con uno stop, ma spesso con un “taglio” che arriva direttamente sul bonifico.
La scommessa, ora, è tutta nell’equilibrio: tutelare l’erario senza trasformare ogni pagamento pubblico in una caccia al documento, e senza far saltare la programmazione economica di chi lavora per lo Stato.