A tre mesi di distanza dai click day di febbraio, il sistema italiano di gestione degli ingressi per lavoratori extracomunitari mostra segni evidenti di stallo. Su circa 160mila posti complessivamente autorizzati dal decreto flussi 2025, le Prefetture hanno concesso appena il 10% dei nulla osta necessari per avviare il percorso che porta all’assunzione regolare dei lavoratori stranieri. Una quota residuale che mette in crisi settori cruciali dell’economia nazionale, a partire dall’agricoltura e dall’assistenza domestica, dove la domanda di manodopera è alta e i tempi di attesa si fanno insostenibili.
Flussi 2025, nulla osta al rallentatore: rilasciato solo il 10% delle autorizzazioni, agricoltura in emergenza
Secondo i dati ufficiali, i nulla osta rilasciati sono 11.214 per i lavoratori stagionali, su un totale disponibile di 110mila; 4.877 per i subordinati non stagionali; 3.631 per colf e badanti su 9.500 posti disponibili; appena 103 per gli assistenti familiari fuori quota, su una possibilità di 10mila ingressi. In teoria, le tempistiche per il rilascio sono chiare: 20 giorni per i lavoratori stagionali, 60 per quelli non stagionali. Ma nella realtà, la macchina amministrativa procede con ritmi molto più lenti, rallentata da controlli ulteriori, nuovi obblighi normativi e una gestione frammentata tra enti locali e rappresentanze diplomatiche.
Controlli più rigidi, Paesi "a rischio" e sospetti di frodi
Una delle novità più discusse è il livello di approfondimento delle verifiche in fase di esame delle domande. Anche le richieste precompilate dalle associazioni datoriali – che dovrebbero garantire una prima scrematura – vengono sottoposte a nuovi controlli. Questo accade in particolare per domande provenienti da Paesi inseriti nella lista degli Stati “a rischio elevato”, come il Marocco, da cui proviene quasi il 50% delle richieste stagionali per l’agricoltura. L’intenzione dichiarata è quella di evitare ingressi irregolari o legati a situazioni opache. Ma l’effetto collaterale è un forte allungamento dei tempi di risposta, che ricade direttamente sulle imprese e sulle famiglie in attesa di personale.
L’agricoltura già in crisi: raccolte senza braccia
Il comparto agricolo è uno dei più penalizzati. Le campagne di raccolta sono partite, ma in molti territori mancano le persone per eseguire il lavoro. I piccoli produttori, soprattutto nel Sud, denunciano di dover rinunciare a parte del raccolto per l’impossibilità di avere manodopera in tempo utile. Alcune aziende stanno tentando di supplire con assunzioni locali o personale in nero, ma la situazione non è sostenibile. Le associazioni di categoria chiedono maggiore trasparenza sui tempi e più collaborazione tra ministeri, prefetture e ambasciate.
Il nuovo obbligo di conferma: tutela o ostacolo?
Da quest’anno, un’ulteriore misura rende il percorso ancora più complesso: l’introduzione dell’obbligo, da parte del datore di lavoro, di confermare entro sette giorni la richiesta presentata durante il click day, prima che l’ambasciata rilasci il visto. La norma nasce con l’intento di evitare che il lavoratore straniero arrivi in Italia e scopra che l’azienda non lo aspetta più – o, peggio, che dietro alla domanda si celasse un tentativo di truffa. Tuttavia, anche questa verifica aggiuntiva rischia di incidere sui tempi, e in molti casi i datori di lavoro, dopo mesi di attesa, potrebbero semplicemente non confermare più, facendo decadere il nulla osta e bloccando il visto.
I dati del passato confermano un trend strutturale
Le cifre relative al 2023 raccontano quanto sia fragile l’intero processo: su 53.450 nulla osta previsti per i lavoratori non stagionali, ne sono stati rilasciati solo 33.506; i visti concessi sono scesi a 14mila e i contratti effettivamente firmati sono poco più di 8mila. Questo significa che meno di un quarto della quota teorica si è trasformata in un'assunzione reale. Tra rallentamenti amministrativi, rinunce, errori tecnici e controlli ripetuti, il rischio è che le quote autorizzate rimangano in gran parte inutilizzate.
Quote inadeguate, ritardi istituzionali e mercato distorto
Dietro le criticità del sistema flussi si cela una più ampia disfunzione: il disallineamento tra i tempi della burocrazia e le esigenze del mercato. A questo si aggiunge una pianificazione annuale che spesso si rivela inadeguata, sia nella tempistica del decreto flussi, sia nella distribuzione territoriale delle quote. Il risultato è che il Paese continua a registrare una forte domanda di manodopera straniera – soprattutto nei settori meno appetibili per i lavoratori italiani – ma riesce a soddisfarla solo in minima parte con i canali legali, alimentando un bacino di irregolarità e lavoro sommerso.