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L’abuso d’ufficio non è più reato, Arcuri assolto sulle mascherine

- di: Jole Rosati
 
L’abuso d’ufficio non è più reato, Arcuri assolto sulle mascherine

Una sentenza figlia della riforma

Domenico Arcuri (foto), ex commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, è stato assolto dall’accusa di abuso d’ufficio nel processo legato alla fornitura di mascherine dalla Cina durante la prima fase della pandemia. La decisione del giudice per l’udienza preliminare di Roma è arrivata con la formula “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato”, a seguito dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio sancita dalla legge 9 agosto 2024, n. 114.
Questa sentenza è liberatoria, ma arriva in ritardo” ha dichiarato l’avvocata di Arcuri, Grazia Volo. “Avevo chiesto il rito abbreviato il 15 settembre 2023 per ottenere un’assoluzione nel merito. Dopo vari rinvii, sono riuscita a discuterlo solo il 15 aprile 2024, portando prove a sostegno dell’insussistenza dei fatti contestati”.

Il caso mascherine: le accuse e l’inchiesta
L’inchiesta aveva messo sotto la lente l’acquisto di 800 milioni di dispositivi di protezione individuale per un valore complessivo di 1,25 miliardi di euro. Inizialmente, su Arcuri pendevano anche accuse di corruzione e peculato, poi archiviate. Nell’indagine figuravano altri nomi eccellenti, tra cui l’imprenditore Mario Benotti, accusato di traffico di influenze illecite, e Antonio Fabbrocini, responsabile unico del procedimento per la struttura commissariale, sotto processo per frode nelle pubbliche forniture, falso e abuso d’ufficio.
La procura aveva chiesto una condanna a un anno e quattro mesi per Arcuri, ma la recente riforma normativa ha di fatto azzerato il procedimento nei suoi confronti. “Non ho mai invocato una legge salvifica” ha aggiunto l’avvocata Volo. “Sono sempre stata convinta della piena e totale innocenza di Arcuri”.

La riforma e le sue conseguenze
L’assoluzione di Arcuri è solo uno dei tanti effetti della cancellazione dell’abuso d’ufficio, una misura voluta dal governo per “evitare la paralisi amministrativa” ma criticata da molti magistrati e giuristi. La Corte dei Conti, l’Associazione Nazionale Magistrati e persino alcuni membri della maggioranza hanno sollevato dubbi sulla decisione di eliminare completamente il reato, temendo un indebolimento della lotta alla corruzione.
Nel frattempo, il giudice del processo ha sollevato la questione di costituzionalità riguardo alla formulazione attuale del reato di traffico di influenze illecite, inviando gli atti alla Corte Costituzionale. L’esito di questo passaggio potrebbe influenzare il futuro delle riforme sui reati contro la pubblica amministrazione.


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