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L’Intervento/ Astensionismo, il vero vincitore delle urne

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
L’Intervento/ Astensionismo, il vero vincitore delle urne
L’astensionismo vince sempre.

Solo quattro elettori su dieci sono andati a votare in quest’ennesima tornata elettorale e nulla è cambiato, ancora una volta. Come ha scritto qualcuno, c’era più gente ai funerali della Vanoni che nei seggi elettorali. Di tutti i commenti ascoltati, quasi nessuno si è soffermato – il giorno dopo – su questo dato che mina alle fondamenta il concetto stesso di democrazia.

“Abbiamo vinto”, “hanno perso”, “la gente è con noi”: e via con le dichiarazioni dei leader (?) di maggioranza e opposizione, prontamente riprese dalla selva di microfoni dei giornalisti (?) da riporto. Il fatto che il 60% degli italiani abbia schifato i seggi rientra tra le varie ed eventuali. Tutto è stato letto in chiave di pro o contro il governo, di faide interne ai partiti, di rese dei conti tra capataz locali e nazionali.

Si è parlato di tutto, tranne che dei temi per cui si votava: il governo del territorio, lo stato drammatico della sanità regionale, i disastri ambientali, le carenze strutturali dei trasporti, dei servizi sociali, delle scuole disastrate. I giornali, i talk show televisivi e gli opinionisti un tanto al chilo si sono concentrati solo sul risultato elettorale, sull’eventuale inizio della fine di Giorgia Meloni o sull’eterna contesa tra Conte e la Schlein.

Alla fine, come sempre, si passerà a definire giunte, assessori, consiglieri, e tutto tornerà alla normalità: cioè ai trasporti che non funzionano, alle inondazioni, alle frane che hanno segnato gli ultimi cinque anni e che segneranno anche i prossimi.

Il tracollo della partecipazione ha ragioni strutturali: cresce il numero di persone convinte che il proprio voto non incida e quindi, perché andare a votare? Poi ci sono ragioni contingenti, come la percezione che istituzioni comunali, regionali e nazionali siano lontane anni luce dai bisogni dei cittadini, che non sanno più a che santo votarsi per ottenere una risposta, un sollievo a problemi sempre più urgenti. La regola è: ognuno per sé e Dio per tutti.

Nel frattempo, ci si arrangia. A Napoli si è visto un fortissimo aumento delle domande per fare lo scrutatore. La battuta che circolava nei seggi era che c’erano più scrutatori che votanti. La ragione è semplice: se vai a fare lo scrutatore hai diritto alla giornata pagata se lavori e a un’indennità di pochi spiccioli se sei disoccupato o studente. Un classico “piuttosto che niente, è meglio piuttosto”.

Fatto sta che l’apertura dei seggi a Napoli e in Campania ha registrato un notevole calo degli addetti alla funicolare, ai mezzi pubblici e alla nettezza urbana. Parafrasando la celebre battuta del giornalista Luigi Barzini Jr – “fare il giornalista è sempre meglio che lavorare” – si potrebbe dire che “fare lo scrutatore è sempre meglio che lavorare”.

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