Il Media Freedom Act entra in vigore l’8 agosto ma Roma non è pronta. Bruxelles avverte: troppi ritardi, troppa politica nella Rai. Nel mirino anche il caso Paragon e i silenzi del governo Meloni.
Il tempo è scaduto: l’Italia non ha ancora attuato il Media Freedom Act
Mancano pochi giorni all’8 agosto 2025, scadenza ufficiale per l’attuazione del Media Freedom Act (EMFA), e l’Italia è ancora ferma ai blocchi di partenza. Il regolamento europeo che punta a garantire indipendenza e pluralismo dei media nei 27 Paesi UE è stato approvato nel marzo 2024 e reso operativo dal maggio successivo. Ma dopo quindici mesi concessi per adeguarsi, il governo Meloni non ha ancora dato seguito agli impegni.
Il rischio è concreto: procedura d’infrazione, perdita di credibilità internazionale e un ulteriore indebolimento della libertà di stampa in un Paese già sorvegliato speciale da Bruxelles.
Cos’è il Media Freedom Act: le nuove regole europee per difendere l’informazione
L’EMFA è un regolamento vincolante che punta a:
- proteggere i giornalisti da interferenze politiche e spyware;
- garantire trasparenza su proprietà e finanziamenti dei media;
- impedire che le piattaforme online censurino arbitrariamente i contenuti giornalistici;
- stabilire che i vertici delle aziende editoriali, pubbliche e private, siano scelti con criteri trasparenti e indipendenti, con mandati stabili e non revocabili senza giusta causa.
Una rivoluzione che riguarda da vicino la Rai, il cui sistema di nomina è ancora oggi fortemente politicizzato.
Rai nel mirino: la riforma del governo Meloni sotto accusa
Il governo italiano ha annunciato una riforma della Rai che formalmente intende “svincolare” le nomine dal controllo dell’esecutivo. Ma nei fatti, il disegno di legge prevede che i sei consiglieri del CdA siano eletti dalle Camere con una maggioranza assoluta dal terzo scrutinio in poi. Per le opposizioni è una presa in giro:
“È il manuale dell’occupazione politica del servizio pubblico”, ha dichiarato il senatore democratico Francesco Verducci.
Bruxelles non è convinta. Il 24 luglio, una durissima inchiesta ha rivelato che fonti della Commissione accusano l’Italia di voler mantenere “il controllo del governo sul servizio pubblico, in contrasto con lo spirito dell’EMFA”. La vicepresidente Věra Jourová ha ammonito:
“L’indipendenza dei media non è negoziabile. I governi non possono scegliere chi racconta la realtà.”
Il caso Paragon e le ombre sul governo: sorveglianza e silenzi
A peggiorare il quadro, c’è il caso Paragon, il presunto utilizzo di spyware contro giornalisti e attivisti, emerso nel maggio 2025. Le opposizioni hanno collegato direttamente il ritardo sull’EMFA alla mancata trasparenza sul dossier spionaggio.
Il deputato Sandro Ruotolo (PD) è stato lapidario:
“Non è solo inadempienza. È una scelta deliberata per non garantire protezione ai giornalisti. Il governo teme la trasparenza, perché ha troppo da nascondere.”
Piattaforme digitali e big tech: anche Trump si mette di traverso
Il Media Freedom Act impone alle grandi piattaforme digitali (Facebook, X, Instagram) di non cancellare contenuti giornalistici senza avvisare. I media avranno 24 ore per replicare. Questo meccanismo sta facendo infuriare le Big Tech americane, ma anche la nuova amministrazione Trump, che considera l’intervento europeo “una violazione della libertà di espressione USA”.
Un problema europeo, ma un ritardo italiano che grida vendetta
Tutti i Paesi UE hanno ricevuto lo stesso tempo per adeguarsi. Ma mentre Francia, Spagna, Germania e Olanda hanno già attuato il grosso delle norme, l’Italia è tra gli ultimi della classe. Solo Polonia e Ungheria — entrambe in pieno scontro con la Commissione — risultano più inadempienti.
Secondo il Media Pluralism Monitor 2025, l’Italia resta “ad alto rischio” per indipendenza editoriale, pluralismo interno e leggi bavaglio.
“Il ritardo italiano non è neutrale: è un atto politico che indebolisce la libertà d’informazione e rafforza la cultura dell’intimidazione”, si legge nel rapporto.
Una resa consapevole, non un ritardo tecnico
L’Italia non sta semplicemente tardando. Sta scegliendo di non cambiare. Sta difendendo un sistema opaco, controllato e permeabile al potere politico. La Rai continua a essere lottizzata, i giornalisti minacciati con querele temerarie, il servizio pubblico manipolato a colpi di palinsesti e bavagli.
Non è in gioco solo il pluralismo, ma la capacità stessa della democrazia di difendersi dalle degenerazioni del potere. L’EMFA è una sfida che l’Italia sta perdendo per scelta, non per disorganizzazione. E questo dovrebbe indignare chiunque creda nella libertà e nella trasparenza.