Il made in Italy del lusso continua a essere un pilastro dell’economia nazionale, ma la sua corsa si fa più prudente. Il settore, che nel 2024 ha generato 54 miliardi di euro di ricavi per le imprese italiane, risente delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti e di un quadro macroeconomico internazionale più incerto. Lo rileva un’analisi della Fondazione Altagamma e di Statista, secondo cui il mercato globale dei beni di lusso personali ha registrato nel 2024 un leggero calo del 2%, con una prospettiva di ulteriore flessione tra il -2% e il -5% nel 2025.
Lusso italiano, 54 miliardi di ricavi ma la corsa rallenta per i dazi Usa
Con oltre il 40% delle aziende manifatturiere del comparto presenti in Europa, l’Italia si conferma il cuore produttivo del lusso mondiale. Dalla pelletteria toscana all’occhialeria veneta, dal tessile biellese alla nautica ligure, il modello italiano continua a distinguersi per integrazione tra artigianato, design e innovazione.
Secondo Statista, la crescita attesa per il mercato interno sarà compresa tra il 4% e il 6% medio annuo fino al 2030, grazie alla domanda internazionale e alla capacità dei distretti di evolversi senza rinunciare alla qualità.
Dopo il record globale del 2023 (1.498 miliardi di dollari), il mercato mondiale del lusso si è assestato nel 2024 a 1.478 miliardi (-1,3%). Le auto di alta gamma restano la prima voce (579 miliardi di dollari, pari al 39% del totale), seguite dai beni personali — moda, accessori, gioielli e profumi — che valgono 363 miliardi (25%), e dall’ospitalità di lusso, a quota 242 miliardi (16%).
Marchi italiani: solidità e margini elevati
All’interno di questo scenario, i grandi marchi italiani si confermano protagonisti.
Nel 2024 Prada ha registrato 5,4 miliardi di ricavi, Moncler 3,1 miliardi, Armani 2,3 miliardi e Brunello Cucinelli 1,3 miliardi. Il comparto dell’automotive di lusso ha sfiorato gli 8 miliardi di euro, trainato da Ferrari (6,7 miliardi), mentre la nautica d’eccellenza ha toccato i 3 miliardi, con Azimut-Benetti (1,3 miliardi) e Sanlorenzo (930 milioni) ai vertici del settore.
Nel complesso, le imprese italiane mostrano una redditività media superiore alla concorrenza europea, grazie a margini operativi stabili e a una filiera fortemente radicata nei territori.
Il confronto internazionale: Lvmh domina, ma l’Italia tiene
Sul piano globale, la leadership resta nelle mani dei colossi francesi. Lvmh ha realizzato nel primo semestre 2025 39,8 miliardi di euro di ricavi e 9 miliardi di utile operativo, con un margine del 22,6%. Segue Hermès, che con 8 miliardi di fatturato vanta il miglior margine del settore (41,4%).
Richemont, focalizzata su gioielleria e orologeria, consolida la sua posizione con 21,4 miliardi di vendite e 4,5 miliardi di utile operativo.
Più complesso lo scenario per Kering, penalizzata dalle difficoltà di Gucci, che chiude il semestre con 7,6 miliardi di ricavi e un margine del 12,8%. Chanel, infine, ha chiuso il 2024 con 18,7 miliardi di dollari di vendite e un margine del 24%.
Le aziende italiane, pur con dimensioni inferiori, mantengono indicatori di solidità e redditività comparabili. Prada Group segna 2,74 miliardi di ricavi con un margine del 22,6%, Moncler raggiunge 1,23 miliardi (18,3%) e Zegna Group 928 milioni (7,4%).
Dazi Usa e incertezza globale frenano la crescita
Sul comparto italiano pesa oggi il ritorno del protezionismo americano. I nuovi dazi su beni di lusso importati dagli Stati Uniti rischiano di comprimere la marginalità delle imprese e di rallentare le esportazioni, in particolare nei segmenti moda e accessori.
Gli Stati Uniti restano il principale mercato extraeuropeo per le aziende del lusso italiano, con una quota del 30% delle esportazioni totali del settore. Anche un modesto incremento tariffario può quindi incidere in modo rilevante sui margini e sui volumi.
Al contempo, la debolezza della domanda cinese e l’incertezza sui cambi penalizzano le prospettive per il 2026. Le maison italiane stanno reagendo rafforzando la presenza diretta nei mercati asiatici, investendo nel retail e diversificando le fonti di approvvigionamento per limitare l’impatto dei dazi.
Un settore che resta trainante per il made in Italy
Nonostante il contesto più complesso, il lusso continua a rappresentare un asset strategico dell’economia italiana. Il comparto genera oltre il 2,5% del Pil e occupa circa 500mila addetti diretti e indiretti, con una forte incidenza sull’export manifatturiero.
L’elevato grado di integrazione tra produzione e design, insieme alla spinta verso la sostenibilità e l’innovazione tecnologica, costituiscono i principali punti di forza di un sistema che — pur rallentato — conserva una leadership mondiale difficilmente replicabile.