Dazi USA, scossa per 34mila imprese italiane
Auto, agroalimentare e farmaci in trincea: export in frenata, margini sotto pressione e dollaro forte che alza i prezzi al consumo.
(Foto: merci stoccate pronte per essere esportate).
Cosa cambia davvero
I nuovi dazi statunitensi colpiscono trasversalmente il made in Italy. Secondo le analisi più aggiornate, 34mila aziende esposte al mercato americano stanno affrontando tariffe fino al 15% su diversi capitoli merceologici, con auto e agroalimentare in prima linea. L’effetto immediato è una compressione dei margini e un riassetto dei listini, soprattutto nel commercio digitale cross-border, dove la variazione dei costi si riflette in tempo reale su prezzi, spedizioni ed esperienza cliente.
Auto: tariffe più leggere, concorrenza più dura
Nel comparto automotive l’aliquota d’ingresso si è ridotta rispetto al passato, ma l’impatto resta rilevante: margini sottili, filiere globali complesse e concorrenza asiatica più aggressiva. Il dollaro forte rende i modelli europei meno attrattivi, mentre i dealer privilegiano alternative con costi industriali inferiori o produzione domestica.
Agroalimentare: vini e tipici nel mirino
Per l’agroalimentare l’effetto è immediato: vini e prodotti tipici risultano meno competitivi sullo scaffale retail e nella ristorazione. Le importazioni rallentano e i volumi export scendono. In un mercato maturo come quello americano, pochi punti di prezzo possono spostare consumi verso sostituti locali o dazi-free.
Farmaci: barriere inedite
Per la prima volta i farmaci europei incontrano barriere tariffarie. Alcuni grandi gruppi valutano esenzioni temporanee legate a investimenti e produzione negli Stati Uniti; per gli operatori medio-piccoli la traslazione dei costi sui contratti è più complicata.
Il fattore dollaro e l’effetto domanda
Il rafforzamento del dollaro amplifica l’impatto: i prezzi finali in USA salgono e la domanda si contrae nei segmenti non essenziali. Gli importatori chiedono extra-sconti per difendere i volumi, ma questo erode ulteriormente i margini.
I numeri dell’estate
Ad agosto 2025 l’export italiano verso gli Stati Uniti risulta in calo del 21,2% su base annua, con flessione diffusa verso i principali partner extra-UE e contrazione per beni strumentali e beni di consumo non durevoli.
Chi rischia di più
Italia e Germania sono tra le economie europee più esposte. Le stime disponibili convergono su un impatto diretto per l’Unione europea nell’ordine di –0,2/–0,3 punti di PIL, più severo per i Paesi a maggiore propensione all’export.
Come reagiscono le imprese
Riposizionamento prezzi (promozioni, formati alternativi, private label), ottimizzazione logistica (incoterms, consolidamento, origine preferenziale) e valutazioni su presenza in loco (magazzini doganali, fulfillment o investimenti produttivi) sono le tre linee d’azione più battute.
“Accordo non indolore per le imprese. Ora l’Europa sostenga la competitività”, ha ammonito la rappresentanza dell’artigianato, ricordando che decine di migliaia di PMI esportano stabilmente negli Stati Uniti.
Cosa può fare l’Europa
Serve un mix di diplomazia commerciale (nuovi accordi per diversificare mercati), competitività interna (dogane digitali, tempi più brevi, costo energia) e finanza per l’export (garanzie e coperture sul cambio) per attenuare lo shock e trasformarlo in spinta all’efficienza.