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Regionali 2025, Italia spaccata e astensionismo da record

- di: Bruno Legni
 
Regionali 2025, Italia spaccata e astensionismo da record
Trionfi al nord per la destra, al sud per la sinistra-unita. Ma a sorprendere è il calo netto dei votanti.

Il voto per le regionali in tre regioni chiave (Veneto, Campania, Puglia) tenutosi il 23 – 24 novembre 2025 ha restituito un quadro politico italiano che conferma alcune certezze e ne porta in superficie altre con forza. Da un lato la destra al Nord, trainata da Alberto Stefani in Veneto, dall’altro la sinistra-unità al Sud, con le affermazioni nette di Roberto Fico in Campania e di Antonio Decaro in Puglia. Ma il dato più allarmante è il crollo dell’affluenza: nella media delle tre regioni si è registrata una partecipazione attorno al 44 % -- ben 14 punti in meno rispetto alle precedenti regionali.

La geografia del voto: Nord-est tradizionale alla destra

In Veneto Stefani, esponente della Lega, ha raggiunto una percentuale vicina al 65 %, superando nettamente il candidato del centrosinistra Giovanni Manildo, fermo sotto al 30 %. Il partito di riferimento del centrodestra ha raddoppiato le preferenze della Fratelli d’Italia, consegnando alla Lega la leadership incontrastata nella regione.

La vittoria conferma come il Nord-est resti saldamente tra i bastioni del centrodestra, e pone un interrogativo sulla capacità dell’opposizione di incidere nella “zona rossa” oramai in trasformazione.

Il Sud ha deciso: Campania e Puglia volano alla sinistra-unita

In Campania l’elezione di Roberto Fico, sostenuto da un’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico (con il simbolo della sinistra-unitaria), ha segnato un turno decisivo. Fico ha superato il 60 % dei voti, oltre il doppio dell’avversario centrodestra Edmondo Cirielli.

Parallelamente, in Puglia Antonio Decaro ha ottenuto circa il 65 % delle preferenze contro Luigi Lobuono che si è fermato attorno al 30 %. Il risultato suggella la forza della strategia unitaria della sinistra nel Mezzogiorno.

Astensionismo: la vera sorpresa (e minaccia) del voto

Se i risultati consegnano conferme geografiche, l’astensione si impone come elemento dirompente. Con un’affluenza scesa sotto al 45 % nelle tre regioni, si materializza la più bassa mobilitazione elettorale registrata in una tornata regionale in Italia. Questo fenomeno riduce drasticamente la legittimità percepita di questi assetti politici.

Un dato che non può essere ignorato: la sfiducia crescente degli elettori nei confronti della politica tradizionale, l’apatia elettorale e la sensazione che i risultati possano essere «decisi tra i partiti», più che dalle urne effettivamente popolate.

Le dichiarazioni che contano

Salvini, esponente di primo piano della Lega, commenta la vittoria in Veneto con un sorriso e ammette: “Risultato oltre ogni previsione, mi davano per morto”. Nel frattempo la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, raccoglie una vittoria adombrata, mentre la sua forza appare meno salda: “Una vittoria frutto del lavoro, della credibilità e della serietà della nostra coalizione”.

In Campania Elly Schlein, segretaria del PD, afferma: “L’alternativa c’è, uniti possiamo battere le destre”. Lo stesso Fico nel suo discorso di vittoria dichiara: “Grazie ai campani per la scelta netta che ci riempie di responsabilità. Sarò il presidente di tutti”.

Quali implicazioni per Roma e il 2027?

I risultati vanno letti come un termometro politico nazionale. La coalizione di destra guidata da Meloni mantiene il controllo di vaste aree del Nord, ma l’emergere della sinistra-unita al Sud minaccia l’egemonia oltranzista del centrodestra. In particolare, la vittoria del campo progressista in Campania e Puglia evidenzia che il progetto di un campo largo oppositivo può funzionare.

Allo stesso tempo, il calo dell’affluenza impone una riflessione profonda: se immergersi nell’urne diventa l’eccezione, la democrazia rappresentativa rischia di indebolirsi. Lo scenario per le politiche del 2027 si complica: l’astensione potrebbe essere la variabile più imprevedibile.

Infine, la spinta a modificare la legge elettorale, già annunciata da Meloni, potrebbe essere interpretata come tentativo di blindare la stabilità della coalizione al potere. Un processo che al Nord sembra rassicurare, mentre al Sud provoca nervosismo e mobilitazione delle forze progressiste.

Italia divisa

In definitiva, le regionali di fine 2025 dicono che l’Italia rimane divisa: il Nord conferma la destra, il Sud prova a invertire la marcia. Ma il vero allarme è la fuga dalle urne. In un contesto in cui solo pochi elettori si sono mossi, ogni risultato è amplificato e ogni alleanza diventa cruciale. Se non tornerà a votare il popolo – e a farlo con convinzione – la partita politica rischia di diventare sempre più una lotta tra truppe organizzate, e sempre meno un confronto reale tra cittadini.

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