Le parole di Lutnick accendono la miccia, DeepSeek inciampa sull’hardware cinese e il duello tecnologico si trasforma in guerra di nervi.
Pechino reagisce: stop agli H20 di Nvidia
La frattura tra Stati Uniti e Cina sulla tecnologia dei semiconduttori si è allargata dopo le dichiarazioni incendiarie del segretario al Commercio Usa Howard Lutnick. In un’intervista del 15 luglio, Lutnick aveva affermato: “Non vendiamo loro il nostro meglio, né il secondo, né il terzo. Vogliamo che i loro sviluppatori diventino dipendenti dalla tecnologia Usa.”
A Pechino le parole sono state bollate come “offensive” e lette come una minaccia diretta all’autonomia tecnologica nazionale. Le autorità competenti hanno invitato i colossi digitali locali, da Alibaba a ByteDance, a sospendere gli ordini per il chip H20 di Nvidia, progettato appositamente per il mercato cinese.
La stretta arriva poche settimane dopo la visita a Pechino di Jensen Huang, fondatore e CEO di Nvidia, che aveva cercato di rassicurare le autorità sulla volontà del gruppo californiano di restare nel mercato cinese, rilanciando la produzione degli H20 con TSMC.
Dubbi su sicurezza e backdoor
Già a fine luglio le autorità cinesi avevano convocato Nvidia per contestare presunti rischi di backdoor nei chip H20, paventando possibili vulnerabilità che avrebbero potuto consentire a Washington di spegnere o monitorare da remoto i sistemi cinesi.
Nvidia ha respinto seccamente ogni accusa, definendo infondate le speculazioni sulla sicurezza. Nel frattempo il gruppo ha ordinato ai propri fornitori, tra cui Amkor e Samsung, di sospendere le attività legate agli H20: una decisione che ha avuto ripercussioni immediate anche a Wall Street, dove il titolo ha registrato una correzione dopo mesi di rally.
Verso un nuovo chip “tagliato” per la Cina
Mentre si chiude il capitolo H20, a Taipei Jensen Huang ha confermato che Nvidia sta discutendo con Washington di un nuovo processore destinato alla Cina, provvisoriamente battezzato B30A.
Il nuovo chip dovrebbe avere prestazioni dimezzate rispetto al potente Blackwell B300, così da rientrare nei limiti delle restrizioni americane sull’export di tecnologie avanzate. Una mossa che punta a non abbandonare il mercato cinese, pur evitando sanzioni da parte di Washington.
Deepseek e il tallone d’achille dei chip locali
La partita dei chip non è solo geopolitica, ma anche tecnologica. La startup cinese DeepSeek, salita alla ribalta a gennaio con il modello R1 capace di scuotere Wall Street, ha dovuto rinviare il lancio del successore R2 previsto per maggio.
Il tentativo di addestrare il nuovo modello con i chip Ascend di Huawei si è rivelato fallimentare: problemi di stabilità, software ancora immaturo e difficoltà di connessione tra le GPU hanno costretto DeepSeek a tornare ai chip Nvidia per l’addestramento, mantenendo però gli Ascend per l’inferenza, cioè il calcolo delle risposte basato sui dati inseriti dagli utenti.
La scelta di puntare sugli Ascend era stata incoraggiata dalle autorità cinesi, decise a ridurre la dipendenza dai fornitori americani. Ma la realtà dei fatti ha dimostrato che la distanza tecnologica resta ancora marcata.
Un conflitto che va oltre i chip
La crisi Nvidia-Cina è un tassello di un mosaico più ampio. Da un lato Washington insiste per mantenere Pechino agganciata alle proprie soluzioni hardware, con la convinzione che la dipendenza tecnologica limiti l’autonomia cinese. Dall’altro, la leadership cinese spinge sull’autosufficienza, anche a costo di rallentare la crescita delle proprie startup.
“Il caso Nvidia mostra quanto sia difficile emanciparsi dalle architetture occidentali, e quanto la guerra dei chip sia destinata a diventare la trincea decisiva della nuova guerra fredda tecnologica.” Lo ha commentato un analista del settore.
Una guerra di nervi che pesa sul futuro dell’Intelligenza Artificiale
In sintesi, un commento di Lutnick ha innescato una reazione a catena: gli H20 di Nvidia sono stati congelati, Pechino ha alzato il livello dello scontro, e nel frattempo DeepSeek ha dovuto arrendersi all’evidenza che i chip locali non sono ancora pronti a sostenere lo sviluppo di grandi modelli di intelligenza artificiale.
La guerra dei chip non è più una questione tecnica: è diventata una guerra di nervi, dove ogni parola, ogni ordine sospeso e ogni ritardo nel rilascio di un modello IA diventa un’arma di pressione politica ed economica.