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Unicredit, l’assalto sfumato a Banco Bpm e l’ombra del ritorno

- di: Bruno Coletta
 
Unicredit, l’assalto sfumato a Banco Bpm e l’ombra del ritorno
Unicredit, l’assalto sfumato a Banco Bpm e l’ombra del ritorno
L’ops al palo, Bruxelles frena e Crédit Agricole osserva: ora Orcel prepara il contrattacco. Ma il risiko bancario non aspetta.

Mentre il conto alla rovescia per la chiusura dell’offerta pubblica di scambio (ops) su Banco Bpm tocca le ultime ore, Unicredit fa i conti con una realtà amara: le adesioni sono ferme allo 0,49%. E l’operazione, tormentata da mesi, rischia di concludersi con un nulla di fatto. Ma Andrea Orcel non è tipo da mollare. Se l’attuale tentativo dovesse chiudersi a vuoto, nei corridoi di Piazza Gae Aulenti già si ragiona su una nuova offensiva, con un piano rivisto e – forse – più muscolare.

Il primo round: un’ops congelata

La prima mossa, lanciata tra mille ambiguità, non è mai davvero decollata. L’adesione da parte degli azionisti di Banco Bpm, congelata da ricorsi legali e tensioni istituzionali sull’uso del golden power, ha zavorrato l’intera operazione. L’iter si è incagliato tra Bruxelles e Roma, con la Commissione europea che ha acceso i riflettori sull’uso italiano del golden power, temendo una distorsione delle regole del mercato interno.

La mancata chiarezza normativa ha permesso a Crédit Agricole – già al 10% – di guadagnare tempo e posizionarsi come potenziale ago della bilancia. Secondo gli analisti, “il tempo gioca a favore della Banque Verte”, che potrebbe rafforzarsi fino a creare una "quota di blocco" e impedire future aggregazioni ostili.

Il cda decisivo e la tentazione del bis

Il consiglio di amministrazione di Unicredit, convocato per queste ore, è chiamato a prendere atto di un’ops che non ha raggiunto gli obiettivi. Ma non è un punto, bensì una virgola. Orcel starebbe valutando una seconda offerta, da presentare dopo l’estate. “Il gruppo potrebbe sfruttare la pausa per far decantare le tensioni regolatorie, rafforzare il consenso interno e chiudere i dossier legali”, spiegano alcuni analisti.

Ma il tempo stringe: una nuova offerta implicherebbe il restart dell’intero iter autorizzativo, inclusa la notifica all’Antitrust e il parere della Bce. Tutto ciò mentre il campo di gioco si fa più affollato.

Lo spettro tedesco e il fronte greco

Oltre al dossier Banco Bpm, Unicredit è impantanata anche nella questione Commerzbank. La quota tedesca, ufficialmente al 20% ma con potenziale estensione fino al 29%, è sotto il rigido controllo dello Stato tedesco. Berlino sarebbe contraria a un’acquisizione italiana, paventando rischi per l’occupazione e l’indipendenza strategica del colosso di Francoforte. Orcel, in più occasioni, ha definito il perimetro tedesco “complesso, ma strategico”.

Diverso il clima in Grecia, dove Unicredit ha rafforzato la sua presenza in Alpha Bank, guadagnandosi la fiducia di Atene. “La collaborazione con il governo greco è proficua e promettente”, ha dichiarato Orcel durante un incontro ad Atene.

Il semestre d’oro (al netto delle incertezze)

Nonostante le nubi sull’ops, i conti promettono bene. Gli analisti stimano un utile netto trimestrale sopra i 2,5 miliardi di euro, dopo i 2,8 miliardi del primo trimestre. Il target annuale di 9,7 miliardi sembra superabile, seppure con la variabile della volatilità macroeconomica.

La guidance del gruppo potrebbe essere rivista al rialzo, anche grazie al contenimento dei costi e alla crescita nei mercati periferici, come la Grecia e l’Europa dell’Est. Tuttavia, il mercato guarda con crescente scetticismo alla strategia di crescita per linee esterne, soprattutto se ostacolata dalla politica.

Le altre partite: Mps e Bper accelerano

Nel frattempo, il risiko bancario italiano corre. Bper ha comunicato di aver raggiunto il 63,8% della Popolare di Sondrio, nel primo giorno di riapertura dell’offerta lanciata lo scorso aprile. “Stiamo costruendo un nuovo polo territoriale forte e radicato”, ha dichiarato l’a.d. Piero Luigi Montani.

A Siena, invece, Luigi Lovaglio continua a tessere la tela in direzione Piazzetta Cuccia. Dopo il roadshow londinese, l’a.d. di Mps è volato a New York per convincere gli investitori a sostenere l’ops su Mediobanca. L’obiettivo è superare la soglia del 15% entro l’autunno, con il supporto del MEF e di alcuni fondi italiani.

Il giudizio delle agenzie: fusione fa rima con forza

Standard & Poor’s ha sottolineato come il consolidamento in corso “rimodellerà in modo permanente il settore bancario italiano”, rendendolo “più resistente agli shock sistemici e alle pressioni regolatorie”. Ma la frammentazione resta elevata: l’Italia, con oltre 300 banche operative, è ancora lontana dagli standard europei.

Il rischio? Che il mosaico di operazioni resti incompiuto, ostacolato da resistenze politiche e campanilismi. “Il Paese deve decidere se vuole un sistema bancario competitivo o solo protetto”, ha commentato il professor Marcello Messori.

Orcel tra orgoglio e strategia

In questo scacchiere mobile, Andrea Orcel si muove con prudenza ma determinazione. “Il nostro obiettivo è creare valore in modo sostenibile”, ha dichiarato alla conferenza annuale di Bank of America. Ma sa bene che la pazienza del mercato ha un limite.

Il primo tentativo di ops su Banco Bpm rischia di diventare un boomerang se non seguito da una strategia credibile. E Crédit Agricole, silenziosa ma presente, osserva ogni mossa con attenzione chirurgica.

Il risiko italiano è in pieno fermento. Ma chi muove per primo non sempre vince.

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