La burocrazia costa 14,5 miliardi l’anno e opprime i comuni

- di: Barbara Bizzarri
 
Tutti gli italiani conoscono fin troppo bene i danni che la farraginosità della burocrazia arreca ogni giorno ai malcapitati che si ritrovino a orientarsi in quello che a tutti gli effetti è un vero, insormontabile ginepraio: adesso arriva però anche il crisma dell’ufficialità. L’analisi realizzata dall’Ufficio Studi della CGIA per Asmel, conferma quanto la burocrazia possa rivelarsi devastante a più livelli, in particolare per le PMI già abbastanza provate da pandemie, emergenze, pressione fiscale e che si ritrovano strangolate da vincoli incomprensibili. La burocrazia danneggia inoltre anche i Comuni, soprattutto quelli più piccoli, anche se a pagare il conto più alto sono i cittadini, che devono sostenere un costo aggiuntivo pro capite pari a 251 euro all’anno per una spesa complessiva che sfiora i 14,5 miliardi di euro. Infatti, per poter ottemperare agli adempimenti richiesti dal legislatore e alle disposizioni e procedure fissate dai ministeri, è necessario sia utilizzare personale numeroso che impegnare parecchio tempo, risorse che potrebbero essere investite più proficuamente per erogare ulteriori servizi, in particolar modo a cittadini e imprese.

L’approfondimento è stato originato dallo studio dei bilanci comunali che, con buona  approssimazione, misurano le spese di funzionamento del reparto amministrativo: rapportando tale aggregato all’esborso  corrente totale relativo a ciascun Comune, il risultato individua la  quota di risorse assorbite annualmente dalla burocrazia e comprende servizi come la gestione economica,  finanziaria, programmazione e provveditorato, l’ ufficio tecnico, la gestione delle entrate tributarie e i servizi fiscali, la gestione dei beni demaniali e patrimoniali e le risorse umane, e includono anche servizi ufficiali, quali elezioni e consultazioni popolari, l’anagrafe e lo stato civile e altri organi istituzionali, che hanno costi e dimensioni occupazionali spesso non riducibili. Nonostante il calo delle spese registrato negli ultimi anni, nel 2020, ultimo anno in cui i dati sono disponibili, le uscite sono attestate al 27%. Le amministrazioni comunali più piccole (fino a 5 mila  abitanti) registrano il costo più elevato (344 euro pro capite): seguono  i municipi con oltre 60 mila abitanti (259 euro) e quelli con classi demografiche intermedie (238 euro per i Comuni tra i 5 e i 10 mila abitanti, 212 euro per quelli fra i 10 e i 20 mila abitanti e, infine, 208 euro per le amministrazioni fra i 20 e i 60 mila abitanti).

A livello territoriale, il peso dell’oppressione burocratica è sofferto in particolare nelle regioni del Mezzogiorno: Basilicata con il 34,6% (pari a un costo totale annuo di 152 milioni di euro), Molise con il 34,5% (93 milioni di euro), Sicilia con il 33 % (973 milioni di euro) e Calabria con il 32,8% (513 milioni di euro) registrano le situazioni più critiche. Le regioni meno investite da queste criticità, invece, sono la Puglia con una incidenza del 24,7% (costo annuo di 738 milioni di euro complessivi), la  Lombardia con il 24% (2,1 miliardi di euro) e il Lazio con il 22,6% (1,5 miliardi di euro). “In altri termini - rileva Francesco Pinto, Segretario Generale Asmel - sono proprio le amministrazioni più svantaggiate, le più piccole e quelle ubicate al Sud, a soffrire maggiormente per l’incidenza di una burocrazia  eccessiva. Ormai nei Comuni il peso di adempimenti, spesso puramente formali o ridondanti, rappresenta un ostacolo al buon funzionamento degli Enti. Un allarme simile a quello lanciato dalle Pmi e il fatto che ora sia denunciato da strutture pubbliche la dice lunga sui guasti generati dall’eccesso di regolazione, vera zavorra del sistema Italia”. Di questi e di altri dati emersi si parla oggi nel corso del Forum annuale Asmel che si svolge a Napoli: “Centralismo e Burocrazia: il freno dell’Italia”.
 
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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