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Antiriciclaggio, il governo vara il decreto: stretta sull’accesso ai dati dei titolari effettivi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Antiriciclaggio, il governo vara il decreto: stretta sull’accesso ai dati dei titolari effettivi

Il provvedimento è passato in Consiglio dei ministri senza scosse, ma il tema che tocca è tra i più sensibili: come tenere insieme trasparenza, sicurezza e privacy nella lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo.

Antiriciclaggio, il governo vara il decreto: stretta sull’accesso ai dati dei titolari effettivi

Il governo ha dato il via libera allo schema di decreto legislativo che recepisce l’articolo 74 della direttiva (UE) 2024/1640, adeguando l’Italia alle nuove norme europee.

Il decreto modifica il Dlgs 231 del 2007, la legge cardine del sistema antiriciclaggio nazionale, e interviene su un nodo che negli ultimi anni ha alimentato polemiche e ricorsi: chi può accedere alle informazioni sulla titolarità effettiva di società, trust e fondazioni, dati cruciali per capire chi controlla davvero un’impresa o un patrimonio.

La stretta sui registri
Il testo approvato in Cdm introduce una maggiore selettività: non più accesso generalizzato, ma possibilità di consultare i dati solo per chi dimostri di avere un interesse giuridico diretto, concreto e attuale, come precisa la nuova formulazione dell’articolo 21 del Dlgs 231/2007.
Nel caso di enti che rappresentano interessi diffusi – associazioni di categoria o ambientaliste – l’interesse deve essere distinto da quello di singoli iscritti.

Un modo, spiega chi ha lavorato al testo, per evitare che le informazioni sensibili vengano usate in modo improprio o per finalità estranee alla prevenzione di reati finanziari. E per rispondere anche ai rilievi del Garante della Privacy, che ha già espresso parere positivo sulla riforma.

Un equilibrio tra Bruxelles e Roma
Il decreto nasce dall’esigenza di allineare l’Italia al nuovo quadro europeo, dopo le critiche della Corte di giustizia UE agli eccessi di apertura dei registri pubblici.
La linea del governo è stata quella di seguire la rotta di Bruxelles senza creare oneri aggiuntivi per lo Stato, inserendo infatti una clausola di invarianza finanziaria: l’attuazione non comporterà costi extra per la finanza pubblica.

“Con queste modifiche – ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a margine del Cdm – diamo agli operatori e alle autorità strumenti più chiari e sicuri per prevenire abusi, senza appesantire il bilancio dello Stato. La trasparenza resta, ma è disciplinata in modo rigoroso e coerente con il diritto europeo”.

Un percorso lungo sedici anni
La norma si inserisce in un quadro legislativo che ha visto l’Italia muoversi in anticipo rispetto a molti partner UE: dal Dlgs 231 del 2007 all’adozione della IV direttiva europea nel 2017, fino alle correzioni del 2019, con cui sono stati introdotti obblighi più stringenti per banche, intermediari e professionisti.

Il nuovo decreto rappresenta quindi un tassello di continuità, non una rivoluzione, ma risponde all’esigenza di chiudere i margini di incertezza giuridica sull’accesso ai registri e di rafforzare la cooperazione internazionale contro il riciclaggio.

L’entrata in vigore e i prossimi passi

Il provvedimento entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Sono attesi ora i decreti attuativi e le linee guida operative, che dovranno garantire la piena interoperabilità dei registri tra Italia e altri Stati membri e assicurare controlli più rapidi.

Gli operatori finanziari, soprattutto le banche, guardano con favore a una cornice più chiara: sapere chi è il beneficiario effettivo di una società è essenziale per prevenire rischi di riciclaggio e di infiltrazioni criminali, spiegano da ABI.

Trasparenza e fiducia nei mercati
Secondo gli esperti di antiriciclaggio, la riforma non cambierà la sostanza dell’obbligo di trasparenza per le imprese, ma rafforzerà la credibilità del sistema finanziario italiano.
Il principio è che la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo non può tradursi in una sorveglianza senza regole, ma deve restare proporzionata e mirata.

“L’Italia
– osservano fonti di Via Nazionale – ha interesse a mantenere standard elevati di vigilanza, perché la trasparenza e la certezza giuridica sono fattori di attrattività per gli investitori e di tutela per l’economia legale”.

Una sfida aperta
Il decreto è solo un primo passo: la vera sfida sarà la capacità di applicare le norme in modo uniforme su tutto il territorio, di aggiornare costantemente i dati e di assicurare un controllo efficace, evitando che l’eccesso di burocrazia rallenti i controlli stessi.

In un contesto internazionale in cui le reti criminali e terroristiche si muovono con strumenti digitali e canali sempre più sofisticati, la trasparenza sui titolari effettivi resta la chiave per prevenire l’uso distorto del sistema finanziario.

Con il nuovo decreto, l’Italia punta a rafforzare il proprio presidio normativo e a presentarsi come partner affidabile nella cooperazione europea e globale. Ma, come sottolineano diversi giuristi, “la legge da sola non basta: servono risorse, formazione e capacità di vigilanza quotidiana per trasformare le regole in un vero argine al riciclaggio”.

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