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L’equazione Bocconi: carissima ma redditizia

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
L’equazione Bocconi: carissima ma redditizia

Studiare alla Bocconi di Milano rappresenta un impegno economico rilevante per molte famiglie italiane: le rette possono arrivare fino a 18.000 euro all’anno. Un dato che colloca l’università tra le più costose del Paese, se non la più onerosa in assoluto nel panorama accademico nazionale. Tuttavia, il costo dell’iscrizione sembra essere compensato dal rendimento lavorativo successivo. Secondo un’analisi approfondita sui dati Almalaurea, i laureati dell’Ateneo milanese guadagnano in media, dopo cinque anni dalla laurea, quasi il doppio rispetto ai colleghi delle altre università italiane. La media delle retribuzioni mensili nette per i laureati Bocconi supera infatti i 2.200 euro, contro una media nazionale che si aggira intorno ai 1.400.

L’equazione Bocconi: carissima ma redditizia

Il vantaggio retributivo emerge già a dodici mesi dal conseguimento del titolo. I dati segnalano che un neolaureato Bocconi può aspettarsi un reddito mensile netto di circa 1.800 euro, mentre per i coetanei degli altri atenei si scende a circa 1.200 euro. La differenza non è solo nel portafoglio, ma anche nel tipo di impiego: i laureati Bocconi tendono ad avere contratti più stabili, accesso più rapido al mercato del lavoro e una maggiore presenza in settori a elevata remunerazione, come finanza, consulenza e management. La rete internazionale dell’università e la presenza costante nei ranking globali – in particolare nelle classifiche del Financial Times – contribuiscono a rafforzare il profilo professionale dei suoi diplomati.

Le disparità tra nord e sud accentuate

Il caso Bocconi conferma una tendenza più ampia: il divario retributivo tra le università italiane tende a seguire anche una direttrice geografica. Le università del Nord, in particolare quelle con forte orientamento economico-gestionale, mostrano esiti occupazionali migliori rispetto a quelle del Sud. Anche tra i laureati che decidono di spostarsi per motivi di lavoro, coloro che escono da atenei come Bocconi, Politecnico di Milano o Università di Padova godono di un vantaggio competitivo evidente. In questo senso, la Bocconi si configura come uno dei simboli più evidenti di un sistema che premia non solo la qualità formativa, ma anche la capacità dell’istituzione accademica di attivare reti di contatti e facilitare l’inserimento nel mondo professionale.

Una scelta ancora per pochi
Nonostante i benefici evidenziati, l’accesso alla Bocconi resta riservato a una fascia economicamente privilegiata della popolazione. Le borse di studio e i sistemi di agevolazione non riescono sempre a colmare la distanza tra i costi e le possibilità delle famiglie meno abbienti. Questo alimenta un dibattito ricorrente sulla reale equità del sistema universitario italiano e sulla necessità di garantire l’accesso ai percorsi d’eccellenza anche agli studenti meritevoli ma con minori risorse. Il rischio è che le disuguaglianze sociali si riflettano anche nei risultati occupazionali e retributivi, perpetuando uno squilibrio che, a lungo andare, mina la coesione del sistema.

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