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Mercato del lavoro, Cgia: "In 5 anni 2,7 milioni di occupati andranno in pensione"

- di: Barbara Leone
 
Mercato del lavoro, Cgia: 'In 5 anni 2,7 milioni di occupati andranno in pensione'
Tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti: di cui 2,7 milioni (pari al 71,7 per cento del totale) in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione e più di un milione di nuovi ingressi (il 28,3 per cento del totale) legati alla crescita economica prevista in questo quinquennio. A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. La stima è dell’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal.

Mercato del lavoro, Cgia: "In 5 anni 2,7 milioni di occupati andranno in pensione"

Dei 2,7 milioni di addetti totali che nei prossimi anni scivoleranno verso la quiescenza, la metà, poco meno di 1,4 milioni, interesserà i dipendenti privati e oltre 670 mila ciascuno il pubblico impiego e il mondo del lavoro autonomo. Tuttavia, se calcoliamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale in ciascuna delle tre posizioni professionali analizzate (dipendenti privati, dipendenti pubblici e indipendenti), il valore più elevato, pari al 91,6 per cento del totale, riguarderà il pubblico impiego. Se, invece, analizziamo le filiere produttive/economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione, in termini assoluti scorgiamo la salute (331.500 addetti), attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione, gli altri servizi pubblici e privati (pulizia, giardinaggio e pubblica amministrazione che non include la sanità, l’assistenza sociale e l’istruzione) (419.800) e, in particolar modo, il commercio e il turismo (484.500).

Se, anche in questo caso, misuriamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale, i settori che entro i prossimi 5 anni si troveranno maggiormente in “difficoltà” saranno la moda (91,9 per cento), l’agroalimentare (93,4 per cento) e, in particolar modo, il legno- arredo (93,5 per cento). Insomma, i principali settori del nostro made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza. A livello regionale, nel prossimo quinquennio l’incidenza percentuale della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale totale interesserà, in particolare, il Veneto (73,4 per cento), il Molise (78,5 per cento), il Piemonte/Valle d’Aosta (82 per cento), l’Abruzzo (82,5 per cento) e la Liguria (85,5 per cento). La regione d’Italia più investita da questo fenomeno sarà la Basilicata (88,3 per cento). Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sta provocando un grosso problema al mondo produttivo. Da tempo, ormai, gli imprenditori – anche del Sud - denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato e/o figure professionali di basso profilo. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece, sono opportunità di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono “coperti” dagli stranieri.

Una situazione che nei prossimi anni è destinata a peggiorare
: in primo luogo, come dicevamo, per gli effetti della denatalità e in secondo luogo per la cronica difficoltà che abbiamo a incrociare la domanda e l’offerta di lavoro.
La stima dei fabbisogni occupazionali a medio termine (2023-2027) è fornita dal Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal che utilizza un modello econometrico multisettoriale con un approccio analogo a quello seguito a livello europeo dal Cedefop. Il modello, che valorizza le informazioni acquisite periodicamente tramite le indagini Excelsior condotte presso le imprese italiane dell’industria e dei servizi, consente di prevedere l’evoluzione dell’occupazione dell’intera economia (dipendente e indipendente) per regioni, per settori (compresa la Pa) e di derivare il fabbisogno occupazionale complessivo, ossia derivante dalla sostituzione dei lavoratori (turnover dovuto dalla necessità di sostituzione dei lavoratori in uscita per pensionamento o mortalità) e dall’occupazione aggiuntiva richiesta dalle tendenze economiche (processo di crescita). Le previsioni considerano da una parte l’intersezione di 3 megatrend: transizione digitale, transizione ambientale e transizione demografica. Tutte trasformazioni che influenzeranno profondamente la società sotto diversi aspetti e, soprattutto, la struttura occupazionale nel prossimo futuro. E dall’altra 2 grandi shocks: quello pandemico, che ha causato perdite produttive e occupazionali rilevanti nel 2020 (progressivamente recuperate nel 2021 e a inizio 2022) avviando il processo di sostegno europeo e il Pnrr che sarà nei prossimi anni tra i fattori determinanti per la crescita dell’economia e dell’occupazione; e l’esplosione del conflitto tra Russia e Ucraina. Infine i fabbisogni occupazionali (2023-2027) sono stati costruiti dal Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal secondo 2 scenari, uno più favorevole e uno meno.

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