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Le proteste studentesche in Cina infiammano nel silenzio ipocrita dell'Occidente

- di: Redazione
 
Le proteste studentesche in Cina infiammano nel silenzio ipocrita dell'Occidente
Quanto sta accadendo in Cina sembra interessare al mondo solo per i riflessi che ha sull'economia globale, quasi che le proteste di migliaia di studenti contro la rigida applicazione di misure per contenere i contagi di Covid-19 siano delle semplici esternazioni di dissenso e non invece il segnale della sete di democrazia che sta crescendo nel Paese del Dragone.
Non è un errore concettuale parlare anche di economia se si affrontano argomenti come questo perché, disponendo chiusure, confinamenti e altro, Pechino ha interrotto la catena della produzione, che per gran parte è rivolta ai mercati stranieri. Prova ne è che la chiusura in territorio cinese del compound della taiwanese Foxconn, dove decine di migliaia di persone lavorano per produrre gli ambitissimi iPhone, ha provocato rallentamenti nella consegna degli apparati, gettando nello sconforto legioni di fanatici di questi apparecchi, ma anche costringendo le azioni di Apple ad accusare secche perdite.

Cina: le proteste studentesche infiammano nel silenzio ipocrita dell'Occidente

Ma ciò che accade in questi giorni in Cina (anche se i primi segnali del malessere risalgono alla scorsa estate) sembra la riproposizione di immagini lontane nel tempo, quando, come accadde in piazza Tienanmen, migliaia di ragazzi reclamarono una democrazia negata allora come oggi. La Cina però oggi è meno isolata, perché, grazie alla libertà della Rete, la 'cortina di bambù (come veniva chiamata un tempo) non è più impenetrabile e la circolazione delle idee non trova ostacoli se non nella repressione durissima attuata dal regime.

L'immagine che più chiarisce quel che sta accadendo in Cina mostra dei ragazzi, studenti delle università, che alzano sulle loro teste dei semplici fogli bianchi che, seppure senza essere segnati da lettere e parole, raccontano tutta la rabbia di vedere lo spazio delle loro libertà compresso, circoscritto, blindato, senza che all'orizzonte si veda anche solo la speranza di un cambiamento.
Eppure l'Occidente, oggi pronto a mostrarsi scandalizzato perché nel Qatar che ospita il mondiale di calcio non sono rispettati i diritti dei lavoratori, così come quelli delle minoranze nel ''recinto'' degli orientamenti sessuali, non fa sentire la sua voce sdegnata.

Che abbia deciso questo per motivazioni economiche? Sarebbe sin troppo facile dirlo, perché ormai quando si parla di Cina il tema dei diritti negati è cancellato da interessi che ruotano intorno al mercato globale. Come insegna il caso degli iPhone della cui sorte tanto ci si preoccupa, ma non di quella delle persone confinate, vessate, persino manganellate per essersi ribellate a misure in cui prevenzione, parola che fa rima con repressione e forse anche con vessazione.

Però, rispetto al passato, qualcosa sta cambiando, innanzitutto a livello di scenario. Perché le proteste non sono contro il sistema, ma per le scelte che sono state fatte per combattere il Covid-19 che, estremizzando un modello fatto di imposizioni, ha determinato un clima da film di fantascienza, con milioni di persone costrette a vivere in case a loro volta sigillate in quartieri i cui ingressi sono guardati a vista dalla polizia. Un metamondo in cui i singoli personaggi hanno vissuto - tanti ci vivono ancora - e dove non esiste la libertà di muoversi assumendosi delle responsabilità che il vertice non riconosce.

A questo panorama deve essere aggiunto anche il nuovo profilo che ha assunto la presidenza di Xi Jingping, che sembra volere accentuare la diversità del ''modello cinese'' rispetto all'Occidente. Tanto che la prima mossa fatta nel momento in cui gli è stato conferito un terzo e inusuale mandato da presidente è stato sbattere fuori dalla cerchia che conta coloro che volevano dialogare con l'Occidente. La Cina nuova di Xi quindi non può accettare che ci sia chi dissente e quindi reprime, con durezza, perché sia d'esempio a tutti. Nel silenzio ipocrita di chi si tappa le orecchie per non sentire il grido dolore che esce dalla bocca di chi chiede solo democrazia.
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