Il giorno in cui ragazzini sono vittime o diventano carnefici

- di: Diego Minuti
 
Si sente spesso dire che quando un ragazzino delinque o è vittima di un reato la colpa ricade sulla società intera, che non ha saputo difenderlo, in entrambi i casi. Perché, nel primo caso, il ragazzino che ruba, spaccia, ferisce non è nato con questo stigma, ma lo ha mutuato dall'ambiente che lo circonda e nel quale, evidentemente, alcuni comportamenti sono ritenuti normali, scontati, quasi giustificati.
Ma ci sono casi in cui è difficile accettare l'ineluttabilità di certi accadimenti, perché dentro di noi ci si ribella a quanto accade, perché viola tutti i nostri codici morali.

È il caso della bambina peruviana violentata da un cugino e che ora aspetta, da una settimana all'altra, la nascita della creatura che porta in grembo; è il caso dei due ragazzini, di 14 e 15 anni, che a Monza hanno regolato a colpi di coltello una questione di droga, uccidendo un piccolo pregiudicato.

Due eventi che più lontani non potrebbero essere, ma che racchiudono tutto il peggio di una società che non riesce a tutelare i più deboli. La vicenda della bambina peruviana si presta ad analisi sociologiche e di scienza del comportamento che non mi appartengono. Ma di certo, da persona normale, non posso assolvere chi ha compiuto questo sfregio che non è alla cultura, ma al nostro essere persone dotate di una coscienza e del necessario rispetto verso gli altri.

Il violentatore, come la vittima d'origine peruviana, ha abusato della cugina (avendo con lei rapporti completi, fatti passare sotto un concetto d'amore che appare un grimaldello per approfittare dell'inesperienza della ragazzina), ma anche di un'altra dodicenne, ci ha riservato palpeggiamenti e strusciamenti, "fermandosi" sulla soglia della violenza.
Il ragazzo, che ha 23 anni e fa parte della numerosa comunità peruviana che risiede a Rimini, quando ha capito non l'enormità del suo gesto, ma il fatto di non poterlo nascondere (la gravidanza della cuginetta era sempre più evidente, ma non agli occhi dei genitori che l'hanno portata dal medico pensando di trattasse di un eccessivo gonfiore al ventre), è scappato, cercando ospitalità a casa di parenti che abitano a Firenze e pare non sapessero niente delle gesta del loro congiunto: ora è nel carcere di Sollicciano, in attesa d'essere trasferito in una struttura romagnola.

Di tutt'altro tenore la storia dei due ragazzini di Monza che, secondo i carabinieri, hanno ucciso a coltellate Cristian Sebastiano, un quarantenne - era in regime di libertà vigilata - il cui cadavere è stato trovato sotto i portici del portone di casa.
Non c'è voluto molto per i carabinieri (grazie anche ad alcuni filmati delle telecamere di sicurezza) per capire cosa fosse accaduto e chi ne fosse responsabile. I due ragazzi, evidentemente a conoscenza dei rudimenti della scienza forense, una volta a casa hanno tentato di cancellare le tracce di sangue dai loro abiti mettendoli in lavatrice. Troppo poco per ingannare investigatori esperti come quelli dei carabinieri davanti ai quali hanno confessato tutto, non chiarendo completamente il perché dell'omicidio.

Ancora oscuro, infatti, il movente dell'accoltellamento, che potrebbe essere una ritorsione per vicende di droga, dal momento che la causale "esibita" dai due giovanissimi assassini (d'avere voluto punire Sebastiano per averli attratti nel vortice degli stupefacenti) sembra costruita a tavolino, quasi per accreditarsi del ruolo di giustizieri.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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