Tutto va bene, anche il vaccino, se c'è da fare polemica

- di: Diego Minuti
 
Come volevasi dimostrare: anche un momento importante per la vita (mai termine fu forse più aderente alla realtà) del Paese, come le vicende legate al vaccino anti-Coronavirus, è diventato il pretesto per l'ennesimo regolamento di conti tra partiti e magari anche tra le fazioni che si muovono in essi. Quasi che la pandemia sia un dono del Dio della Politica, per cui tutto è buono per azzannare l'avversario.

In molti si sono scatenati contro la copertura giornalistica (soprattutto, è stato detto, esagerata quella delle varie testate giornalistiche del servizio pubblico) data all'arrivo, allo stoccaggio ed alla distribuzione del primo - a dire la verità miserello - stock di vaccini contro il Covid-19.
Tutto è opinabile, ma forse coloro che protestano per la spettacolarità data in Italia all'evento, non seguono molto l'informazione negli altri Paesi. Se l'avessero fatto si sarebbero accorti che ovunque, dalla Francia, alla Germania, alla Spagna, tanto per fare esempi, l'arrivo dei vaccini ha avuto una copertura massiccia, eguale a quella in Italia, con le prime somministrazioni seguite passo dopo passo.

Detto questo, e sperando di avere dato un contributo a chi vuol farsi un'idea, rifuggendo dal sensazionalismo cui viene piegata la politica, bisogna comunque ampliare il discorso e cercare di essere oggettivi. È comprensibile che del baraccone mediatico legato alla consegna dei vaccini, alle prime somministrazioni, abbiano fatto parte alcuni soggetti, di cui è inutile fare i nomi: il ministro della Salute; il supercommissario; i presidenti delle Regioni maggiormente colpite dal virus; medici e paramedici (anche se della loro figura si è forse abusato, cercando di darne un'immagine eroica che, se è legittima nel momento in cui, in prima fila, contrastano la pandemia, ha meno senso oggi quando sono vaccinati).

Il resto è stato un rincorrersi tra chi accreditava al proprio partito ogni merito, tra chi contestava questo o quello, quasi che tutti, a tempo perso, si siano laureati in medicina, con specializzazioni che li autorizzino a parlare con cognizione di causa. Cosa che, semmai se ne sentiva il bisogno, ha ridotto un momento importante, quasi epocale come questo, a semplice caciara.
Come se un intero Paese, che ha visto sparire dalla propria immagine demografica, oltre settantamila persone, non riesca a saziare la sua voglia di usare ogni mezzo per sostenere le sue idee.
Così, non riferendone l'identità, perché c'è il limite della decenza, finisce sui giornali una signorina ormai nota solo per le sue piazzate, responsabile questa volta di avere insultato e minacciato di morte - di questo è ora accusata - un esponente di un partito della maggioranza e, per questo, colpevole agli occhi della leggiadra suffragetta, di volere imporre agli italiani la vaccinazione; così un esponente politico dell'opposizione sbandiera ai quattro venti la sua gravissima patologia per dire che si vaccinerà, ma non davanti alle telecamere, in questo modo - almeno questa è l'impressione - che usi la sua malattia per dare maggiore spessore alle dichiarazioni.

Se poi ci si mette anche il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, a farsi vaccinare, forse per dare l'esempio ma saltando la fila e facendosi travolgere di insulti, il quadro è completo.
La verità, in questo momento, è che regna un senso generale di indeterminatezza, quasi che l'arrivo dei vaccini sia cosa giunta all'improvviso e che, in mancanza delle precise direttive in senso contrario che dovevano essere fatte arrivare dal governo, ciascuno ha colto l'occasione per farsi pubblicità.

Una confusione che sembra quasi voluta, quell'ammuina che serve a non fare capire nulla all'osservatore. E mentre l'Italia si interroga sui tempi e i numeri della somministrazione utili a fermare la pandemia, in Parlamento si discute del bilancio quasi in sordina, con deputati e senatori costretti ad occuparsi della legge fondamentale per lo Stato in tempi strettissimi e comunque insufficienti per un esame sereno e costruttivo. Forse qualcuno dimentica che è il Parlamento che rappresenta il Paese, mentre il governo è espresso dalla maggioranza.

E il governo non può decidere a dispetto del Parlamento. Non usiamo paroloni grossi, qui - come spara alto qualche esponente dell'opposizione, che oggi dimentica di non avere alzato lai dolorosi o timorosi quando qualcuno dei suoi attuali alleati pretendeva pieni poteri - non c'è in pericolo la democrazia. Ma di certo la titolarità del Parlamento a decidere è fortemente, pericolosamente marginalizzata.
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