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Contratto metalmeccanici: +205 euro lordi al mese e nuove tutele

- di: Bruno Coletta
 
Contratto metalmeccanici: +205 euro lordi al mese e nuove tutele
Contratto metalmeccanici: +205 euro al mese e nuove tutele
Rinnovo 2025-2028 per oltre 1,5 milioni di lavoratori, un’intesa che vuole coniugare potere d’acquisto e competitività.
 
(Foto: operai metalmeccanici in assemblea sindacale).

Il nuovo contratto nazionale dei metalmeccanici per il quadriennio 2025-2028 è realtà. Dopo una trattativa ad alta tensione, durata mesi e segnata da scioperi e mobilitazioni, Federmeccanica, Assistal e le organizzazioni sindacali hanno raggiunto un’intesa che riguarda circa 1,5 milioni di lavoratrici e lavoratori dell’industria metalmeccanica in Italia.

Al centro dell’accordo c’è il nodo decisivo del potere d’acquisto, eroso dall’inflazione e dall’aumento dei costi energetici, ma anche l’esigenza delle imprese di restare competitive in un contesto internazionale attraversato da dazi, crisi geopolitiche e transizione tecnologica.

Aumenti salariali concreti: come si arriva ai 205 euro

La parte economica del rinnovo ruota attorno a un incremento complessivo di circa 205 euro lordi mensili al livello di riferimento, distribuito in più tranche nel corso della vigenza contrattuale.

Una prima quota è già stata riconosciuta nel 2025, mentre le successive decorrono da giugno 2026, giugno 2027 e giugno 2028. Si tratta di un meccanismo graduale che punta a recuperare l’inflazione e dare maggiore prevedibilità alle buste paga, riducendo il rischio che il salario reale rimanga indietro rispetto al costo della vita.

Accanto agli aumenti in busta paga, l’intesa rafforza gli strumenti di welfare contrattuale: i flexible benefits crescono da 200 a 250 euro all’anno, con un valore complessivo che, sull’intero periodo 2021-2028, raggiunge circa 1.750 euro netti per ciascun addetto. Un pacchetto che include coperture sanitarie, servizi alla persona, sostegno al reddito e misure per la conciliazione vita-lavoro.

Orario, permessi e organizzazione del lavoro

Il rinnovo non si ferma alla dimensione salariale. Un capitolo importante riguarda l’organizzazione del lavoro e l’utilizzo della flessibilità, con l’obiettivo dichiarato di bilanciare le esigenze produttive e i tempi di vita dei lavoratori.

Viene ampliato l’utilizzo dell’orario plurisettimanale, che può arrivare fino a 96 ore all’anno, con un contestuale innalzamento a 128 ore del tetto tra plurisettimanale e straordinario in regime esente. Per le imprese questo significa maggiore possibilità di modulare i carichi di lavoro in base agli ordini; per chi lavora, la sfida sarà verificare che questa flessibilità non si traduca in un aumento incontrollato della pressione sui turni.

Cambia anche il capitolo dei permessi: i permessi annuali retribuiti a fruizione collettiva passano da 5 giorni (40 ore) a 7 giorni (64 ore) annui per tutti i lavoratori, mentre si riduce la quota dei permessi a fruizione individuale. Nel complesso, viene rafforzata la dimensione collettiva della gestione dei tempi, con la possibilità di definire, a livello aziendale, pacchetti di fermate e sospensioni concordate.

Precarietà e stabilizzazioni: le nuove regole sui contratti

Uno dei terreni più delicati della trattativa è stato quello della precarietà. Il nuovo contratto prova a fissare alcuni paletti, pur muovendosi dentro un quadro normativo definito dalla legge.

I contratti a termine potranno superare i 12 mesi solo in presenza di specifiche causali. Dal 2027, le stesse causali potranno essere utilizzate solo a condizione che sia stato stabilizzato almeno il 20% dei contratti a tempo determinato precedenti. L’obiettivo, almeno sulla carta, è spingere le imprese a trasformare rapporti temporanei in rapporti stabili, evitando il ricorso cronico al lavoro “a scadenza”.

Viene inoltre inserito un limite di durata ai contratti di somministrazione a tempo indeterminato, per impedire che strumenti nati come flessibili diventino una sorta di limbo permanente per intere quote di forza lavoro.

La voce dei sindacati e delle imprese

In una nota diffusa dopo la firma, i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm – Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella – hanno parlato di una trattativa lunga e complessa, ma alla fine produttiva. Come sintetizza De Palma, “siamo riusciti a salvaguardare il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici e a rafforzare diritti e tutele, mettendo al centro stabilizzazione e qualità del lavoro”.

Per la parte datoriale, il presidente di Federmeccanica Simone Bettini ha sottolineato che la volontà delle imprese è sempre stata quella di chiudere il contratto, ma nel rispetto di due condizioni considerate irrinunciabili: competitività e sostenibilità. L’intesa viene presentata come un compromesso che tiene insieme l’esigenza di dare ossigeno ai salari e quella di non compromettere gli investimenti in innovazione e transizione verde.

Dal fronte Assistal, Roberto Rossi ha parlato di un accordo reso possibile dal “senso di responsabilità” di tutte le parti, giudicato come punto di equilibrio tra esigenze convergenti ma non sempre coincidenti. Il messaggio è chiaro: i costi del rinnovo sono rilevanti, ma ritenuti gestibili in un’ottica di medio periodo.

Un banco di prova per il sistema industriale

Il nuovo contratto metalmeccanico arriva in una fase cruciale per l’industria italiana, impegnata nella trasformazione digitale, nella sfida della decarbonizzazione e nella corsa agli investimenti in tecnologie 4.0. Il rischio, soprattutto per le piccole e medie imprese, è di trovarsi schiacciate tra l’aumento dei costi e la concorrenza internazionale.

In questo scenario, l’intesa sul CCNL può diventare un laboratorio per capire se è ancora possibile coniugare crescita dei salari, innovazione e tenuta occupazionale. Molto dipenderà da come le misure verranno applicate nelle singole realtà: i margini di contrattazione di secondo livello, la capacità di utilizzare gli strumenti di formazione continua, la gestione dei picchi produttivi e delle riorganizzazioni saranno decisivi.

Un altro punto da monitorare è l’effetto reale delle clausole anti-precarietà. Se la soglia del 20% di stabilizzazioni sui contratti a termine si tradurrà in assunzioni a tempo indeterminato, il rinnovo avrà prodotto un impatto strutturale; se invece resterà una cifra teorica, il rischio è che il mercato del lavoro continui a essere frammentato.

Cosa cambia per lavoratrici e lavoratori

Per chi lavora nelle aziende metalmeccaniche, il rinnovo si tradurrà innanzitutto in una busta paga più pesante nel medio periodo. Le singole tranche di aumento, sommate ai flexible benefits, dovrebbero consentire di assorbire almeno una parte degli aumenti di prezzi registrati negli ultimi anni.

Ma il vero terreno su cui si giocherà il giudizio sull’accordo sarà la qualità del lavoro quotidiano. L’allargamento dell’orario plurisettimanale e la riorganizzazione dei permessi dovranno essere gestiti con attenzione, per evitare che la flessibilità si trasformi in instabilità dei ritmi di vita.

I sindacati hanno già annunciato assemblee e momenti di confronto nelle fabbriche per spiegare i contenuti del contratto, raccogliere osservazioni e preparare la fase di applicazione aziendale. Per molte lavoratrici e molti lavoratori sarà l’occasione per capire come le nuove regole si tradurranno in turni, ferie, permessi e percorsi di crescita professionale.

Prospettive e incognite

Il rinnovo del contratto dei metalmeccanici è, a tutti gli effetti, un segnale politico e sociale che va oltre il perimetro del settore: è uno dei principali contratti collettivi del Paese e spesso fa da riferimento per altri comparti.

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