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Crescita italiana, “Le Figaro” punta il dito: «Sorprende la debolezza nonostante il Pnrr»

- di: Anna Montanari
 
Crescita italiana, “Le Figaro” punta il dito: «Sorprende la debolezza nonostante il Pnrr»

L’osservazione arriva da Parigi, dalle colonne di Le Figaro, quotidiano conservatore notoriamente attento agli equilibri economici europei. E l’analisi, nel giorno in cui Bruxelles e i mercati tornano a scrutare la tenuta dei conti italiani, ha il tono di una constatazione critica: «Sorprende la debolezza della crescita italiana, considerando i 194 miliardi del Pnrr».

Crescita italiana, “Le Figaro” punta il dito: «Sorprende la debolezza nonostante il Pnrr»

Una frase che pesa perché inserita in un contesto più ampio: la mancanza — secondo il giornale — di riforme strutturali avviate dal governo Meloni per stimolare l’attività economica.

Le riforme “mancanti” e il confronto con Parigi

Nel ragionamento tracciato da Le Figaro, il vero punto di caduta è il confronto con la Francia. «L’unico Paese in Europa che ha fatto riforme nel senso di una politica dell’offerta negli ultimi anni è la Francia», afferma l’entourage del presidente Emmanuel Macron citato nell’articolo. Una frase che, letta in controluce, mette in scena un doppio piano: da un lato la rivendicazione dell’Eliseo sulle proprie politiche economiche (mercato del lavoro, pensioni, attrazione degli investimenti), dall’altro un riferimento diretto alla performance italiana, giudicata insufficiente rispetto al volume di risorse europee ricevute.

L’osservazione diventa così una critica implicita al governo Meloni, accusato di non aver ancora imboccato la strada delle riforme pro-crescita: «Fino ad oggi — scrive il quotidiano — il governo Meloni non ha lanciato nessuna riforma importante per favorire l’attività».

Il nodo del Superbonus e la “fortuna” della premier
Nel passaggio più duro dell’analisi, Le Figaro attribuisce a Meloni una certa dose di “fortuna”. La ragione? Il venir meno di un’eredità pesante: il programma di aiuti per la riqualificazione edilizia, definito dal quotidiano come «mal calibrato», e che tra il 2020 e il 2023 sarebbe costato 180 miliardi di euro alle casse dello Stato italiano.

Un costo pubblico molto elevato, che — secondo il giornale — ha pesato sul deficit fino alla brusca inversione dovuta alla sospensione delle agevolazioni: è anche grazie a questa misura, sostiene Le Figaro, che il disavanzo italiano sarebbe sceso «dal 7,2% del 2023 al 3,4% del 2024».

Il quotidiano non entra nel merito della valutazione economica complessiva del Superbonus, né nelle sue ricadute sull’attività del settore edilizio, ma ne sottolinea l’impatto contabile, rilevante per la lettura della traiettoria di bilancio.

La “parte più dura” per il governo
Il giornale francese individua un secondo snodo: per Meloni ora arriva la fase più complicata. Finita la spinta del rimbalzo post-pandemia e cessato l’effetto degli incentivi edilizi, l’Italia si trova a confrontarsi con una dinamica di crescita debole, mentre sul tavolo restano aperti dossier critici: attuazione del Pnrr, gestione dei conti pubblici, riforme attese da Bruxelles.

Il quotidiano evidenzia così un rischio strategico: l’Italia ha ricevuto la quota più alta di risorse europee, ma la crescita non procede alla velocità sperata. Un punto particolarmente sensibile in un momento in cui la Commissione europea guarda con attenzione alla capacità degli Stati membri di tradurre i fondi in investimenti produttivi.

L’ombra del Pnrr e la questione della credibilità
Nell’analisi di Le Figaro non c’è solo una valutazione economica ma anche geopolitica: la crescita è diventata una parte centrale della capacità negoziale dell’Italia nell’Unione. Un Paese che rallenta rischia di vedere ridotta la propria voce nei dossier comunitari più delicati — dalla governance fiscale alle politiche energetiche e industriali.

E proprio su questo punto, la critica francese tocca un tema sensibile: la credibilità dell’Italia come beneficiaria del Pnrr. L’implicito è chiaro: risorse ingenti dovrebbero tradursi in una spinta più robusta. Se ciò non accade, il problema non è europeo, ma nazionale.

Un giudizio che riapre il dibattito

Il commento del quotidiano francese arriva in un momento di valutazioni incrociate sullo stato dell’economia italiana: crescita rallentata, inflazione rientrante, politiche di bilancio sotto osservazione europea, e un Pnrr che procede a velocità non uniforme nei diversi capitoli.

Pur provenendo da un giornale di orientamento conservatore, la critica a Meloni è netta e si inserisce in una dialettica più ampia nella politica francese, dove ogni confronto con l’Italia è anche un modo per misurare — e rivendicare — le scelte di Macron.

L’impressione, leggendo Le Figaro, è che la discussione sulla crescita italiana sia destinata a restare aperta ancora a lungo. Perché, al di là del giudizio francese, il nodo resta lo stesso: come trasformare i 194 miliardi del Pnrr in crescita stabile e non episodica. Una questione che non riguarda solo l’Italia, ma l’equilibrio dell’intera Eurozona.

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