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Bombe sotto casa del giornalista Ranucci, notte di paura a Pomezia

- di: Jole Rosati
 
Bombe sotto casa del giornalista Ranucci, notte di paura a Pomezia
Bombe sotto casa di Ranucci, notte di paura a Pomezia
Due ordigni distruggono le auto del conduttore di Report davanti all’abitazione di Campo Ascolano. Un’esplosione devastante danneggia anche una casa. La Procura indaga, allertato il Prefetto. Il giornalista: “Poteva uccidere chi passava in quel momento”.

(Foto: il giornalista conduttore di Report Sigfrido Ranucci).

La sequenza delle esplosioni

È stata una notte di terrore quella vissuta da Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report. Due ordigni sono esplosi quasi in contemporanea davanti alla sua abitazione di Campo Ascolano, alle porte di Roma. L’auto del giornalista è saltata in aria, colpendo e danneggiando anche la seconda vettura di famiglia e una casa adiacente. Le fiamme hanno illuminato per minuti l’intera via, mentre l’onda d’urto ha scosso le finestre di decine di abitazioni.

Sul posto sono intervenuti carabinieri, Digos, vigili del fuoco e squadra scientifica, che hanno immediatamente transennato l’area e avviato le verifiche. La Procura di competenza ha aperto un fascicolo, e il Prefetto di Roma è stato avvisato nelle prime ore del mattino.

“L’auto è saltata in aria, danneggiando anche l’altra auto di famiglia e la casa accanto. La potenza dell’esplosione è stata tale che avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”, ha scritto Ranucci sui social.

Un ordigno piazzato con precisione

Secondo i primi accertamenti, almeno uno degli ordigni era collocato sotto l’auto del giornalista. Il congegno, artigianale ma efficace, è stato predisposto per esplodere con precisione millimetrica. Gli esperti della scientifica hanno raccolto frammenti metallici e residui di esplosivo per determinarne la composizione. Tutto fa pensare a una mano esperta, capace di piazzare e far detonare il dispositivo senza lasciare tracce.

Il messaggio è chiaro: colpire il giornalismo d’inchiesta

L’obiettivo è evidente: intimidire chi indaga. Colpire la sfera privata del conduttore di Report significa tentare di zittire un simbolo del giornalismo investigativo, che da anni espone poteri, affari e zone grigie del Paese. Il messaggio degli attentatori è brutale: se non si può fermare la voce, si prova a colpirne la quotidianità e la sicurezza.

Le indagini e le piste

Gli inquirenti lavorano su tre ipotesi: ritorsione mafiosa per inchieste passate o imminenti, matrice politica o eversiva legata al clima di odio verso il giornalismo d’inchiesta, oppure una vendetta personale, oggi meno probabile. Si analizzano le telecamere e i tracciati telefonici, mentre la scientifica esamina la composizione dell’esplosivo.

Un clima tossico che dura da anni

Non è un episodio isolato. Il giornalista vive da tempo sotto pressione: minacce di morte, allarmi di intelligence, attacchi politici e querele temerarie hanno segnato la sua carriera recente. Nel 2024, dopo un servizio sul conflitto in Medio Oriente, ricevette mail con riferimenti a Charlie Hebdo. Da allora il clima di ostilità verso Report è cresciuto fino a questa azione violenta.

Un attacco alla libertà di stampa

Non è solo un attentato personale: è un attacco diretto alla libertà di stampa. Chi piazza una bomba sotto l’auto di un giornalista vuole mettere paura a un’intera categoria. L’Italia resta tra i Paesi europei con il maggior numero di reporter sotto protezione. “L’editore del servizio pubblico è il pubblico, non la politica”, ha ricordato Ranucci in più occasioni. Dopo questa notte, la frase suona come un monito.

Chi tenta di zittire la verità con l’esplosivo non colpisce solo un uomo, ma il diritto di tutti a conoscere i fatti. 

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