Trump e il caos dazi: la Corte blocca, ma l'appello li riattiva
- di: Jole Rosati

Una corte federale dichiara illegittime le tariffe imposte da Trump, ma l'appello le mantiene vive. Scontro istituzionale e incertezza globale sul commercio.
La corte smentisce Trump: “Nessun potere sui dazi globali”
Donald Trump si è sempre definito con orgoglio “Tariff Man”, l’uomo delle tariffe, ma una corte federale ha inflitto un colpo durissimo alla sua visione del commercio mondiale. La U.S. Court of International Trade di New York ha infatti dichiarato illegali i dazi imposti dal presidente americano ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), una legge del 1977 pensata per situazioni di emergenza ma mai utilizzata prima per misure tariffarie generalizzate.
La sentenza, firmata all’unanimità da tre giudici — Jane Restani (Reagan), Gary Katzmann (Obama) e Timothy Reif (Trump) — ha stabilito che il presidente non ha l’autorità legale per introdurre dazi globali senza l’approvazione del Congresso. In particolare, sono stati annullati i dazi imposti su Canada, Messico e Cina con la motivazione della crisi migratoria e dell’emergenza fentanyl, due fronti su cui Trump aveva promesso azioni drastiche fin dalla campagna per il secondo mandato.
Secondo la corte, “l’uso dell’IEEPA per misure tariffarie viola la separazione dei poteri e rappresenta un abuso del potere esecutivo”, si legge nella motivazione. Restano invece temporaneamente in vigore i dazi su acciaio, alluminio e auto, imposti tramite la più solida — almeno sul piano legale — Section 232 del Trade Expansion Act del 1962, che consente restrizioni in nome della sicurezza nazionale.
L’amministrazione insorge: “Golpe dei giudici attivisti”
La reazione della Casa Bianca è stata immediata e furiosa. “Non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare un’emergenza nazionale”, ha tuonato l’ufficio stampa presidenziale. Kevin Hassett e Peter Navarro, principali consiglieri economici di Trump, hanno bollato la sentenza come “irrilevante”, affermando che “non avrà alcun impatto sulle trattative in corso con l’Europa e la Cina”.
Trump ha parlato di “golpe giudiziario”, accusando la corte di voler sabotare l’agenda America First e ha promesso battaglia fino alla Corte Suprema. “Useremo ogni mezzo per difendere il nostro diritto di proteggere l’economia americana”, ha detto in una conferenza stampa tenuta a Detroit, Michigan. E ha aggiunto: “I dazi ci hanno reso più forti. Continueremo su questa strada”.
Il team legale della Casa Bianca ha chiesto immediatamente una sospensione della sentenza. La Corte d’appello ha concesso una pausa temporanea fino a nuovo avviso e chiesto documenti integrativi entro i prossimi giorni. Secondo fonti interne raccolte da Politico, l’amministrazione si prepara a una strategia a due livelli: proseguire con l’appello e, parallelamente, trovare nuovi appigli normativi per reimporre le tariffe, possibilmente riesumando proprio la Section 232.
Caos normativo e diplomazia in bilico
La battaglia legale rischia di durare mesi, forse anni, mentre l’incertezza si riflette sulle cancellerie e sui mercati. L’Unione Europea ha scelto la prudenza: “Non commentiamo decisioni giudiziarie statunitensi, ma invitiamo Washington al dialogo e alla stabilità delle regole”, ha detto Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione Ue.
Pechino è stata invece molto più esplicita. Il portavoce del ministero del Commercio, in una dichiarazione del 30 maggio riportata da Xinhua, ha chiesto “la rimozione immediata di tutti i dazi unilaterali e impropri” e definito la sentenza della corte Usa “un segnale che la comunità internazionale non può ignorare”.
Gli osservatori internazionali parlano già di “crisi di credibilità” per la presidenza Trump. “È evidente che l’amministrazione stia tentando di governare per decreto, aggirando il Congresso”, ha dichiarato Daniel Ikenson, ex direttore del Cato Institute, in un’intervista a The Hill. “Se la Corte Suprema dovesse confermare il blocco, si tratterebbe di una sconfitta monumentale per la dottrina economica di Trump”.
L’economia globale col fiato sospeso
Nei mercati si è registrato un rimbalzo iniziale dopo la sentenza, con il Nasdaq e l’S&P 500 in leggera ripresa, ma la pausa dell’appello ha nuovamente raffreddato l’ottimismo. L’indice della volatilità VIX è salito del 6%. Gli analisti si dicono preoccupati per i continui scossoni normativi: “Il sistema commerciale globale ha bisogno di prevedibilità, non di incertezze causate da colpi di teatro istituzionali”, ha commentato l’economista Nouriel Roubin.
Secondo uno studio del Peterson Institute for International Economics pubblicato il 28 maggio, i dazi imposti da Trump potrebbero costare fino a 1,2 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero se resi permanenti, con effetti disastrosi anche su consumi e inflazione.
Il Congresso osserva, ma non interviene
Nonostante le polemiche, il Congresso resta ai margini della partita. La maggioranza repubblicana alla Camera sostiene la linea dura del presidente, mentre al Senato i democratici non hanno i numeri per forzare un cambio di rotta. Tentativi di bipartisan review dei poteri tariffari presidenziali sono falliti già nel 2023, e oggi appaiono ancor meno realistici.
Il senatore Mitt Romney, tra i pochi repubblicani critici, ha commentato su X: “Il commercio non è un reality show. È ora che il Congresso si riappropri delle sue prerogative”.
Il fronte più vulnerabile di Trump
Lo scontro istituzionale sui dazi è appena iniziato, ma già dimostra quanto fragile sia l’architettura giuridica dell’agenda trumpiana. Se la Corte Suprema dovesse confermare la decisione della U.S. Court of International Trade, l’intero impianto economico del secondo mandato potrebbe sgretolarsi, privando Trump del suo strumento preferito per fare pressione su alleati e rivali.
Nel frattempo l’Europa e la Cina attendono, consapevoli che più il presidente si agita, più la sua posizione si indebolisce. La guerra dei dazi non è finita, ma per la prima volta da anni, il “Tariff Man” non detta più da solo le regole del gioco.