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Il mondo in bilico e i conti delle imprese: i CFO italiani temono la geopolitica

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Il mondo in bilico e i conti delle imprese: i CFO italiani temono la geopolitica

È una fotografia in chiaroscuro quella che arriva dall’ultima indagine Deloitte: un’Italia economica che sente addosso il peso del mondo e che guarda al futuro con prudenza, se non con inquietudine. I Chief Financial Officer delle imprese, i custodi dei numeri e della solidità, oggi non temono più solo la recessione o l’inflazione, ma un nemico più impalpabile e sfuggente: la geopolitica.

Il mondo in bilico e i conti delle imprese: i CFO italiani temono la geopolitica

Conflitti, guerre commerciali, tensioni tra blocchi. Il globo si frantuma in una mappa instabile, e i bilanci ne risentono. Sei CFO su dieci prevedono che le turbolenze internazionali incideranno sul fatturato dei prossimi sei mesi, mentre due su tre considerano “alto” il rischio geopolitico per le loro aziende. Ma, ed è il paradosso, solo il 5% delle imprese italiane si è dotato di una struttura per monitorare e gestire in modo sistematico queste minacce.

Il rischio come nuova certezza
“Il rischio geopolitico oggi è una certezza più che una possibilità”, spiega Riccardo Raffo, CFO Program Leader di Deloitte, nel report “Affrontare la nuova realtà geopolitica. Le sfide e le opportunità per i CFO italiani”.
Una frase che suona quasi come un manifesto: la geopolitica non è più un imprevisto, ma una costante con cui convivere. «Non è solo una minaccia – aggiunge Raffo – ma una variabile strategica che ogni azienda deve osservare, comprendere e integrare nella propria pianificazione. In un mondo multipolare e imprevedibile, la differenza la fa chi sa anticipare e trasformare l’incertezza in opportunità».

Dietro queste parole si intravede una lezione di realismo economico: le imprese non possono più permettersi di essere spettatrici degli eventi globali. Devono leggere le mappe del potere e delle alleanze come leggerebbero un bilancio trimestrale.

Investire meno, ma meglio
La paura non paralizza, ma frena. Solo due CFO su dieci si dicono disposti ad assumere nuovi rischi, dieci punti in meno rispetto a un anno fa. Tuttavia, la propensione all’investimento non scompare: cambia forma.
Le priorità si concentrano su trasformazione digitale (48%) e efficienza operativa (42%). Meno avventure, più consolidamento. Meno espansione a ogni costo, più innovazione mirata.

Le aziende si affidano soprattutto all’autofinanziamento (61%) e ai prestiti bancari (43%), evitando i canali di equity o di debito societario, troppo esposti alle onde dei mercati.
Una prudenza che racconta il clima del tempo: l’incertezza è diventata una valuta da cui difendersi, e ogni decisione finanziaria è oggi accompagnata da un calcolo di rischio che guarda ben oltre i confini nazionali.

L’Italia che aspetta
Eppure, dietro la consapevolezza, resta una lentezza strutturale. Solo un’azienda su venti ha predisposto un’unità interna per la gestione dei rischi geopolitici; il 37% dei CFO preferisce “attendere sviluppi”. La maggioranza, il 56%, cerca di orientarsi con analisi di scenario, ma spesso senza un quadro operativo stabile.

È un’Italia che osserva il cielo in tempesta, ma senza radar sofisticati. Che intuisce il pericolo, ma si affida più all’intuito che alla pianificazione. Una situazione che – ammonisce Deloitte – può diventare un punto di fragilità sistemica, soprattutto per un Paese fortemente esposto ai mercati esteri e dipendente dalle importazioni energetiche e tecnologiche.

I CFO come sentinelle del futuro

Eppure, qualcosa si muove. Tre CFO su dieci stanno integrando la geopolitica nella pianificazione strategica, mentre due su dieci già sperimentano veri e propri “stress test”, simulazioni per misurare la tenuta della strategia aziendale in caso di crisi internazionali.

Non più contabili, ma sentinelle del futuro: così Deloitte descrive i nuovi direttori finanziari, chiamati non solo a far tornare i conti, ma a leggere il mondo. Perché la volatilità non si governa solo con i numeri, ma con la visione.

Tra minaccia e opportunità
L’indagine di Deloitte si chiude con una certezza che sa di monito: la geopolitica è ormai parte della struttura dell’impresa moderna. Ignorarla significa esporsi a shock imprevedibili.
Ma chi saprà interpretarla potrà anche trarne vantaggio. La resilienza, oggi, non è un concetto astratto: è la capacità di adattarsi, anticipare, reagire.

Nel Paese dei distretti industriali, delle filiere globali e delle piccole imprese che esportano eccellenza, questa sfida si traduce in un cambio culturale. La gestione del rischio diventa una forma di leadership.
E in fondo, tra mercati che oscillano e governi che cambiano, vale ancora la lezione di Machiavelli: non si controlla la fortuna, ma la si può prevedere.

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