Stress nei money market americani, corsa agli strumenti di emergenza della Fed e stop al QT alle porte. Cosa succede davvero sotto la superficie e perché l’Europa non è immunizzata dagli strappi oltreoceano.
Cosa sta accadendo nei money market
Negli Stati Uniti la finanza a brevissimo termine sta lanciando segnali d’allarme: i tassi su pronti contro termine e finanziamenti overnight hanno mostrato impennate intermittenti, mentre le controparti hanno fatto ampio ricorso alle linee di liquidità della banca centrale. Il movimento non è episodico: è il riflesso di un sistema di riserve bancarie più magro dopo due anni di riduzione del bilancio della Fed e di un’offerta record di Treasury che richiede finanziamento continuo.
QT al capolinea, ma il mercato chiede di più
La Federal Reserve ha già preparato il terreno a interrompere la riduzione del bilancio e a reinvestire i titoli in scadenza. L’obiettivo è semplice: stabilizzare i tassi overnight e impedire che la carenza di riserve si trasformi in un cortocircuito tra banche, fondi monetari e dealer.
Tra gli addetti ai lavori si fa strada la convinzione che, se le tensioni dovessero ripresentarsi con costanza, la banca centrale potrebbe riaprire la porta a nuovi acquisti. Come ha sintetizzato il presidente della Fed di New York, John Williams: “Potremmo dover far crescere il bilancio per soddisfare i bisogni di liquidità del sistema”, aggiungendo che la composizione degli acquisti potrà essere calibrata in funzione della stabilità del mercato.
Perché i tassi overnight si muovono così
Tre le leve principali. Primo: l’abbondanza di Treasury da finanziare drena cuscinetti di cassa e spinge i dealer a usare più repo. Secondo: il QT ha assottigliato le riserve, avvicinando il sistema alla “zona non lineare” in cui piccoli shock generano grandi oscillazioni. Terzo: scadenze e fine mese amplificano i picchi di domanda di dollari. Il risultato è una superficie apparentemente calma con correnti rapide sotto: i tassi lampo salgono, le banche attingono allo Standing Repo Facility, i fondi monetari parcheggiano nel reverse repo, e la Fed fa da ammortizzatore.
L’onda d’urto per l’Europa
Se i money market americani tossiscono, l’Europa non può tirarsi fuori. La Bce ha più margine di riserva nel sistema, ma l’area euro è esposta a flussi in dollari e a rivalutazioni sui portafogli. Un nuovo ciclo di acquisti Fed – anche selettivo e concentrato sui T-bill – potrebbe riallineare i premi a termine globali, muovendo i tassi anche sul Vecchio Continente.
In pratica: spread e curva euro potrebbero ballare per l’attrazione gravitazionale dei rendimenti Usa. Per la Bce il trade-off è delicato: togliere ulteriore liquidità troppo presto significa rischiare frizioni nei canali di finanziamento; muoversi troppo tardi implica trascinare una liquidità eccedente che tiene rigidi i prezzi degli attivi. La bussola sarà data da tre indicatori: tassi overnight (Ester), costo del collateral e recourse alle facility dell’Eurosistema.
Che cosa guardare adesso
Primo, l’utilizzo degli strumenti Fed (in particolare lo SRF): se le cifre restano elevate anche fuori dai fine mese, significa che il sistema non respira da solo. Secondo, l’andamento dell’emissione dei Treasury e il mix di scadenze: più carta corta significa più domanda di repo. Terzo, i segnali della Bce sul percorso dei reinvestimenti: ogni indizio su tempi e modalità sposterà le aspettative di tasso e la domanda di liquidità delle banche europee.
La posta in gioco per risparmiatori e imprese
Per chi investe a breve, la volatilità dei tassi overnight può tradursi in rendimenti altalenanti dei fondi monetari e in occasioni tattiche su scadenze molto corte. Per le aziende, il rischio è un costo del denaro più ballerino sulle linee revolving e sugli emtn a tasso variabile. Per i Tesori nazionali, l’eventuale ritorno della Fed a un ruolo più attivo potrebbe alleggerire il premio a termine globale, ma resta l’incognita dei deficit elevati su entrambe le sponde dell’Atlantico.