Dal travaglio della bottega al boom del digitale, l’artigianato soffre tra crisi generazionali e nuove opportunità.
L’artigianato italiano tra crollo e resilienza
Negli ultimi dieci anni l’artigianato italiano ha affrontato un vero e proprio tracollo: da circa 1,77 milioni di artigiani nel 2014 si è passati a 1,37 milioni nel 2024, un calo spaventoso del 22 %. Nel solo ultimo anno (2023-2024), la riduzione ha riguardato 72 mila unità, ovvero un -5 %.
Il centro in difficoltà, il sud tiene
Nessuna regione è rimasta immune, ma le più colpite sono state le Marche (-28,1 %), l’Umbria (-26,9 %), l’Abruzzo (-26,8 %) e il Piemonte (-26 %). Al contrario, il Mezzogiorno ha retto meglio, grazie agli investimenti pubblici legati al PNRR e al positivo impatto del Superbonus 110 %, che hanno alleviato la contrazione nel comparto casa.
Province colpite duramente, ma non tutte allo stesso modo
Tra le province in maggiore difficoltà, Ancona guida la classifica con un -9,4 % (-1 254 artigiani), seguita da Ravenna e Ascoli Piceno (entrambi -7,9 %), Rimini (-6,9 %) e Terni e Reggio Emilia (-6,8 %). Le ricadute minori si registrano in Crotone e Ragusa, con un -2,7 % (-78 e -164 persone).
Cause profonde e dinamiche strutturali
Dietro questo declino, secondo la CGIA di Mestre, ci sono vari fattori: l’invecchiamento della popolazione artigiana, la scarsa adesione dei giovani a mestieri manuali e il calo demografico. Inoltre, le spinte verso aggregazioni e fusioni tra imprese, specialmente dopo le crisi del 2008-09, 2012-13 e 2020-21, hanno ridotto la base degli artigiani pur incrementando produttività e dimensioni medie delle imprese nei settori metalmeccanico, trasporti, impiantistica e moda.
Un esempio eloquente della crisi culturale è il confronto numerico tra professioni: ci sono più avvocati (233 mila circa) che idraulici (165 mila circa). Questo dato mette in luce quanto i mestieri manuali siano stati svalutati nei decenni passati, aggravati da scelte scolastiche orientate verso i licei e uno scarso orientamento verso percorsi tecnici.
Ma non tutto è perduto: settori in ripresa
Alcune nicchie artigiane mostrano segni di vitalità. In crescita i parrucchieri, estetisti, tatuatori, mentre nell’informatica si fanno largo sistemisti, web marketer, video maker ed esperti social media. Anche il settore alimentare tiene, con gelaterie, gastronomie e pizzerie d’asporto (soprattutto nelle città turistiche) in piena espansione.
Un futuro da modellare
Dietro queste cifre si nasconde un Paese che perde pezzi della sua tradizione quotidiana, quei mestieri che mantenevano vivo il tessuto comunitario. Ma la stessa crisi può essere spinta verso un rinnovamento: se l’artigianato saprà reinventarsi—mettendo insieme sapienza manuale e competenze digitali—potrebbe riconquistare il suo ruolo centrale.
Serve un cambio di mentalità: rivalutare il lavoro manuale, sostenere la formazione tecnica e incentivare i giovani a non abbandonare le botteghe. Al tempo stesso, sfruttare le nuove tendenze—dal food artigianale al web marketing di quartiere—per costruire un artigianato 2.0, più resiliente, moderno e connesso.