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Industria in frenata, cresce solo l’energia: a maggio -0,7%

- di: Bruno Coletta
 
Industria in frenata, cresce solo l’energia: a maggio -0,7%
Industria italiana in frenata a maggio 2025: solo l'energia cresce
Produzione industriale in calo, crollano farmaceutica e trasporti. Unico segnale positivo dall’energia. L’Italia resta in una pericolosa stagnazione industriale.

A maggio l’industria italiana ha perso slancio. L’unico motore resta l’energia. La produzione industriale è scesa dello 0,7% rispetto ad aprile, mentre il trimestre marzo-maggio mostra un timido +0,6%. Una fotografia che racconta una tenuta apparente, ma in realtà debole e disomogenea.

L’indice complessivo destagionalizzato, pur con alcune oscillazioni, mostra livelli sostanzialmente stazionari dall’agosto dello scorso anno. In termini tendenziali l’indice generale è in flessione a maggio”, informa l'Istat.

Tradotto: siamo dentro una stagnazione in cui i rimbalzi mensili non compensano la mancanza di dinamismo produttivo.

Energia in crescita, ma gli altri settori rallentano

Tra i principali raggruppamenti industriali, l’unico comparto in crescita su base mensile è l’energia (+0,7%). Male tutti gli altri: -1,3% per i beni di consumo, -1% per i beni intermedi, e beni strumentali fermi allo zero.

Su base annua, solo l’energia è positiva: +5,3%. Tutti gli altri segmenti registrano cali: intermedi -2,7%, consumo -1,8%, strumentali -0,2%. Da considerare che maggio 2025 ha avuto un giorno lavorativo in meno rispetto al 2024, variabile che pesa sui confronti tendenziali.

Farmaceutica e trasporti in picchiata

I settori più colpiti sono farmaceutica (-5,2%) e mezzi di trasporto (-5,6%) su base annua. Male anche i prodotti chimici (-4%), le industrie tessili (-3,4%) e il comparto legno-cartario (-0,9%).

In controtendenza la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+6,1%), le attività estrattive (+5,1%) e la fornitura di energia elettrica, gas e vapore (+4,7%).

Risultato: un’Italia a due velocità, dove l’energia non riesce a compensare il crollo di comparti strategici e ad alto valore aggiunto.

Dietro i numeri: un anno di immobilismo

Il dato più allarmante non è il -0,7% mensile, ma la tendenza: da agosto 2024 l’indice generale della produzione è fermo. Nessun segnale di crescita strutturale, solo lievi oscillazioni.

L’Italia - osserva Istat - è entrata in una fase di rallentamento silenzioso: non una recessione tecnica, ma una stagnazione produttiva pericolosa, perché non fa notizia ma logora le basi industriali del Paese”.

L’incognita export e l’effetto Trump

A pesare sul quadro c’è anche la crisi del commercio estero. La nuova guerra dei dazi avviata dagli Stati Uniti colpisce in pieno l’export italiano, soprattutto per beni strumentali e automotive, entrambi in flessione.

Il nostro sistema produttivo è sotto pressione. Le incertezze geopolitiche e i dazi imposti dagli Stati Uniti mettono a rischio quote di export decisive per la manifattura italiana”.

Energia: una tenuta che inganna?

Il dato positivo dell’energia va letto con cautela. A trainare è soprattutto il prezzo favorevole del gas e l’aumento della domanda civile e delle esportazioni elettriche verso Francia e Svizzera, più che una vera spinta industriale interna.

La produzione elettrica industriale cresce grazie all’aumento dei consumi civili e alla maggiore esportazione, più che per un’espansione della domanda interna delle imprese”.

Morale: la crescita dell’energia è reale ma probabilmente temporanea e dipendente da fattori esterni.

Le revisioni? Segnali di peggioramento

L’Istat ha anche rivisto al ribasso i dati di aprile: -0,1 punti sull’indice generale e fino a -0,5 sull’energia. Un aggiustamento che conferma una fragilità più marcata del previsto.

La normalità che preoccupa

Il quadro dell’industria italiana a maggio 2025 è chiaro: non crolla, ma non cresce. Una stagnazione che rischia di diventare la nuova normalità, anestetizzando l’urgenza di riforme e interventi strutturali.

Il prossimo dato Istat, atteso per il 6 agosto 2025, dirà se si tratta di una pausa estiva o dell’ennesima conferma che il sistema industriale italiano rischia di perdere terreno. E, peggio ancora, di non accorgersene.

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