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Mutui, la ripartenza che costa cara alle famiglie italiane 2025

- di: Vittorio Massi
 
Mutui, la ripartenza che costa cara alle famiglie italiane 2025
Mutui, la ripartenza che costa cara alle famiglie italiane 2025
In dodici mesi lo stock dei prestiti casa cresce di quasi 13 miliardi, ma il Taeg medio resta intorno al 3,71%. Intanto il credito al consumo corre, i prestiti personali arretrano e il governo rilancia garanzie e incentivi per giovani e prime case.

Il motore dei mutui casa in Italia si è rimesso in moto, ma non è certo una passeggiata per le famiglie. Dopo il brusco rallentamento degli anni dei rialzi record della Banca centrale europea, lo stock complessivo di finanziamenti immobiliari è tornato a salire con decisione: dal 2022 a settembre 2025 è cresciuto di oltre 25 miliardi di euro, pari a circa il 6% in più. Nell’ultimo anno l’aumento sfiora i 13 miliardi, segno che la voglia di comprare casa non è affatto scomparsa, nonostante rate ancora pesanti.

Il punto è che il costo medio del debito resta su livelli che molte famiglie percepiscono come alti: i tassi effettivi praticati dalle banche si muovono in un corridoio tra il 3,6% e il 3,8%, con un Taeg medio sui mutui pari al 3,71% a settembre 2025. Un valore solo in parte influenzato dal calo dei tassi Bce, e molto dal modo in cui il sistema bancario sta scegliendo di scaricare – con prudenza – quei tagli sulla clientela.

Mutui in crescita, ma con il freno tirato

Le elaborazioni sui dati più recenti mostrano che il credito per l’acquisto di abitazioni è tornato a espandersi, ma non è un’onda lunga che travolge tutto. I finanziamenti alle famiglie per i mutui crescono di circa 3% su base annua, mentre il totale dei prestiti alle famiglie segna un aumento attorno al 2,2%, leggermente superiore al 2,1% del mese precedente. Numeri che parlano di una ripartenza, sì, ma graduale e selettiva.

A incidere è anche la composizione dei nuovi contratti: sempre più nuclei scelgono mutui a tasso fisso per mettersi al riparo da future sorprese, accettando in partenza una rata un po’ più alta pur di avere certezza su quella degli anni a venire. Questo spinge le banche a prezzare con cautela le nuove operazioni, anche perché l’era dei tassi zero è finita e nessuno vuole farsi trovare scoperto in caso di nuovi shock internazionali.

Non a caso gli istituti, nelle loro analisi, riconoscono di avere mantenuto margini di interesse elevati, rallentando la trasmissione dei tagli Bce alle condizioni applicate su mutui e prestiti. Tradotto: la politica monetaria si è fatta più morbida, ma alle famiglie lo sconto arriva a piccoli passi.

Perché i tassi restano alti dopo i tagli Bce

Dal punto di vista macroeconomico, il contesto è radicalmente cambiato rispetto al 2023. Allora i tassi di riferimento della Banca centrale europea viaggiavano oltre il 4%, nel tentativo di domare un’inflazione che aveva sfiorato la doppia cifra. Nel 2024 e nel 2025 è iniziato un ciclo di tagli graduali che ha riportato il tasso sui depositi al 2%, con l’obiettivo di accompagnare il rientro dell’inflazione verso il 2% senza spegnere del tutto la crescita.

Per chi paga un mutuo, però, lo scenario resta complesso. La riduzione dei tassi ufficiali ha alleggerito soprattutto le posizioni a tasso variabile indicizzate all’Euribor, che hanno visto la rata scendere rispetto ai picchi del 2023. Ma l’effetto non è stato immediato né uniforme. I nuovi contratti a tasso fisso vengono prezzati tenendo insieme diversi fattori: costo della raccolta, rischio di credito, aspettative su inflazione e tassi futuri, oltre – va detto – alla volontà di difendere la redditività dopo anni di margini compressi.

In questo quadro, non stupisce che il Taeg medio sui mutui si sia progressivamente portato da valori intorno al 3,5% a inizio 2025 fino al 3,71% registrato a settembre, mentre il Taeg sul credito al consumo viaggia su livelli ben più elevati, oltre il 10%. Per chi entra oggi in banca alla ricerca di un finanziamento, insomma, l’epoca delle rate “quasi gratis” resta un ricordo lontano.

Famiglie divise tra casa e consumi

I numeri raccontano una vera e propria divaricazione tra le diverse forme di debito delle famiglie italiane. Da un lato i mutui, che crescono in modo costante ma moderato. Dall’altro il credito al consumo, che corre più veloce. Su base annua, i prestiti finalizzati a spese per auto, viaggi, tecnologia e beni durevoli aumentano di oltre 4%, pari a circa 5 miliardi di euro in più, mentre su un orizzonte triennale l’espansione sfiora il 17%, con quasi 19 miliardi aggiuntivi.

All’opposto, i prestiti personali non finalizzati – quelli erogati in un’unica soluzione, da restituire con rate prefissate ma senza un vincolo specifico sulla destinazione delle somme – risultano in calo di oltre 4% in un anno e di più del 20% rispetto al 2022. In valore assoluto significa quasi 30 miliardi di euro in meno nell’arco di tre anni.

Una trasformazione che molti esperti leggono come un cambio strutturale nel modo di indebitarsi: meno spazio al prestito “generalista”, più utilizzo di strumenti legati a esigenze specifiche e maggior ricorso alla liquidità parcheggiata sui conti. L’esperienza della pandemia, le incertezze geopolitiche e il caro-vita hanno spinto molte famiglie a considerare i depositi bancari come una riserva strategica, da affiancare, se necessario, a forme di credito più mirate, anche se più costose.

Come ha sintetizzato il segretario generale della principale organizzazione dei lavoratori bancari, “le famiglie stanno mostrando un atteggiamento più prudente e consapevole: scelgono di indebitarsi in modo selettivo e solo quando vedono prospettive chiare di sostenibilità nel lungo periodo”, ha osservato Lando Maria Sileoni, sottolineando che questo vale tanto per i mutui quanto per il credito al consumo.

Giovani e prime case: cosa prevedono garanzie e incentivi

In questo scenario il ruolo delle misure pubbliche a sostegno dell’accesso al credito è diventato decisivo, soprattutto per chi è alla prima esperienza di acquisto. Il Fondo di garanzia per i mutui prima casa, gestito da Consap, è stato prorogato dalla legge di bilancio fino al 31 dicembre 2027. Per alcune categorie – giovani under 36, famiglie numerose, nuclei con Isee entro determinati limiti – la garanzia statale può arrivare fino al 80% dell’importo del mutuo, a patto che il finanziamento superi l’80% del prezzo di acquisto comprensivo di oneri.

Per i giovani in particolare, la combinazione tra garanzia pubblica rafforzata e condizioni dedicate resta uno degli strumenti principali per trasformare l’idea della prima casa in un progetto concreto. Le norme prevedono infatti una corsia preferenziale per chi ha meno di 36 anni, un Isee sotto una soglia che si è attestata negli ultimi anni intorno ai 40.000 euro, e intende acquistare l’abitazione principale in un Comune italiano.

Queste misure non annullano il problema delle rate elevate, ma possono fare la differenza in termini di accesso al credito, riducendo l’apporto di capitale iniziale richiesto e offrendo alle banche una copertura che consente condizioni più favorevoli su durata e importo.

Non a caso Sileoni ha definito gli interventi in arrivo con la manovra una leva fondamentale: “Le iniziative che governo e Parlamento stanno potenziando per rafforzare le garanzie pubbliche e aiutare i giovani vanno nella direzione giusta: la casa deve tornare a essere un obiettivo alla portata di molti, non un privilegio per pochi”, ha spiegato il sindacalista, richiamando la necessità di politiche stabili e non solo emergenziali.

Fisso batte variabile: la lezione degli ultimi anni

Uno degli effetti più evidenti della grande fiammata dei tassi è stato il ribaltamento delle preferenze tra tasso fisso e variabile. Se nel decennio dei tassi vicino allo zero il variabile sembrava la scelta più conveniente, dal 2022 in avanti il rapido rialzo del costo del denaro ha rimesso in discussione questo paradigma.

Molti mutuatari che avevano optato per il variabile si sono trovati a fare i conti con rate aumentate di centinaia di euro al mese rispetto alla stipula del contratto. Le ondate di rinegoziazioni e surroghe hanno spinto verso il fisso una parte significativa del portafoglio, mentre chi ha firmato un mutuo negli ultimi mesi in moltissimi casi ha scelto fin dall’inizio un tasso fisso, pur consapevole di bloccare il costo del denaro a livelli più alti di quelli della “vecchia normalità”.

Per le famiglie la domanda chiave resta sempre la stessa: meglio pagare qualcosa in più oggi per dormire sonni tranquilli domani, o scommettere ancora sulla discesa dei tassi e mantenere la flessibilità del variabile? La risposta dipende dal reddito, dalla stabilità lavorativa e dall’orizzonte temporale del progetto abitativo. In ogni caso, gli esperti insistono sulla necessità di leggere con attenzione tutte le clausole del contratto e valutare l’impatto di eventuali scenari avversi sulla propria capacità di rimborso.

Cosa può cambiare nei prossimi mesi

Guardando avanti, la traiettoria dei mutui italiani dipenderà da un delicato incrocio di fattori. Sul fronte della politica monetaria, la Bce ha segnalato di voler procedere con grande cautela: ulteriori tagli sono possibili, ma non scontati, e comunque distribuiti nel tempo per evitare nuovi scossoni su inflazione e cambio. Le aspettative di mercato indicano un percorso che potrebbe portare i tassi verso un livello considerato “neutrale”, né troppo restrittivo né eccessivamente espansivo.

Allo stesso tempo, il comportamento delle banche sarà fondamentale per capire quanto rapidamente la normalizzazione della politica monetaria verrà trasferita ai fogli informativi di mutui e prestiti. Se gli istituti continueranno a privilegiare la stabilità degli utili rispetto alla conquista di quote di mercato, è plausibile che la discesa dei tassi per le famiglie resti graduale.

Un altro tassello chiave è rappresentato dalle politiche di bilancio nazionali. La proroga e il potenziamento delle garanzie sui mutui prima casa, le eventuali detrazioni fiscali legate alla riqualificazione energetica degli immobili e le misure a supporto dei redditi più fragili possono contribuire a tenere aperta la porta dell’accesso al credito anche in una fase di equilibrio più fragile.

Infine, c’è il tema della educazione finanziaria. In occasione del mese dedicato a questo tema, il sindacato dei bancari ha messo a disposizione un vademecum che accompagna passo dopo passo chi vuole comprare casa: dalla scelta dell’immobile al preliminare, dalla lettura del contratto di mutuo alle agevolazioni fiscali sulla prima casa. Uno strumento pensato per evitare errori costosi e per aiutare le famiglie a valutare con lucidità quanto indebitamento possono davvero permettersi.

La morale, per ora, è chiara: il mercato dei mutui è tornato a respirare, ma lo fa in un clima di vigilanza diffusa. Le famiglie chiedono più certezza e più tutele, le banche difendono la redditività, le istituzioni provano a mettere in campo incentivi e garanzie. Il risultato è una ripartenza che c’è, ma che resta costosa. E che per trasformarsi in una vera nuova stagione del mattone dovrà fare i conti con un equilibrio ancora tutto da trovare tra stabilità finanziaria, accessibilità sociale e sostenibilità delle finanze pubbliche. 

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