Cresce il reddito, ma il carrello pesa: inflazione, tasse e incertezze frenano la spesa. Aumentano i risparmi, ma il Paese rallenta.
L’Italia risparmia, ma non decolla
Nel primo trimestre del 2025 le famiglie italiane guadagnano di più, ma spendono di meno. I nuovi dati Istat certificano una dinamica evidente: nonostante il reddito disponibile sia aumentato dell’1,8% rispetto al trimestre precedente, la spesa per consumi si è fermata a un +1,2%. Tradotto: cresce la prudenza, si consolida la tendenza al risparmio, che sale al 9,3% (+0,6 punti percentuali), e si frena quella propensione al consumo che dovrebbe trainare l’economia.
Il potere d’acquisto tiene (+0,9%), ma è interamente eroso da un’inflazione che rialza la testa, complice il caro prezzi su alimentari, casa e beni di prima necessità. Una situazione che allarma consumatori e imprese, mentre le famiglie sembrano sempre più arroccate nella logica del “mettere da parte”.
Un Paese che incassa, ma non investe nel presente
Se da un lato il tasso di investimento delle famiglie resta fermo all’8,9%, dall’altro lo Stato incassa. La pressione fiscale è salita al 37,3% (+0,5 punti su base annua). Ma a trainare le entrate non sono i salari: l’Irpef sulle ritenute da lavoro dipendente è calata dello 0,4%, mentre crescono le entrate da mercati finanziari, dividendi e fondi pensione.
Il gettito complessivo aumenta del 3,7% (+7 miliardi di euro), ma l’effetto non si traduce in una spinta ai consumi. Secondo Confesercenti, “il recupero dei redditi non si è ancora trasferito pienamente sui consumi”, con una spesa cresciuta solo del 2,3% su base annua, contro un +3,1% del reddito disponibile. Una distanza che si allarga e che lascia intendere una perdita di fiducia strutturale nel futuro prossimo.
L’inflazione nascosta nel carrello
Tra le principali cause del freno alla spesa, c’è una voce chiara nel paniere Istat: il “carrello della spesa”, che comprende alimentari e beni essenziali. A giugno 2025, l’inflazione su questi beni è salita dal +2,7% al +3,1%. I beni alimentari da soli segnano un +3,5%, in netta accelerazione.
Le associazioni dei consumatori lanciano l’allarme. Federconsumatori calcola che una famiglia tipo dovrà affrontare una spesa aggiuntiva di oltre 535 euro, di cui 174 solo per l’alimentare. L’Unione Nazionale Consumatori parla di “spese obbligate che spingono l’inflazione e penalizzano le fasce più deboli”. Il Codacons prevede una “stangata estiva” da inflazione, soprattutto su viaggi e vacanze.
Le incertezze che bloccano la ripartenza
Secondo Confcommercio, l’Italia ha urgente bisogno di fiducia economica: “Senza una ripresa dei consumi, l’economia nazionale non potrà accelerare”. È necessaria una maggiore stabilità macroeconomica e una politica fiscale che non penalizzi il potere d’acquisto delle famiglie.
L’atteggiamento delle famiglie si spiega anche con un contesto globale fragile: conflitti internazionali, tensioni geopolitiche, volatilità energetica e rallentamento della Germania spingono i cittadini italiani verso una scelta razionale ma rivelatrice: accumulare, anziché spendere.
È una dinamica che favorisce gli istituti di credito – i depositi bancari tornano a salire – ma che penalizza il commercio al dettaglio e i servizi legati a tempo libero, ristorazione e mobilità.
Un paese più ricco, ma più spaventato
Il paradosso del 2025 è evidente: gli italiani guadagnano di più, ma vivono come se temessero il peggio. Una diffidenza radicata, frutto di shock recenti e prospettive incerte. La ripresa post-inflazione tarda a consolidarsi anche per l’assenza di una strategia redistributiva strutturale.
I bonus mirati sono stati ritirati o ridotti, il cuneo fiscale non è stato abbattuto, e l’occupazione cresce solo nei settori a bassa intensità salariale. Il messaggio che arriva dagli italiani è chiaro: “meglio una riserva oggi che un rischio domani”. Ma un’economia senza fiducia è come un motore senza benzina: prima o poi si ferma.