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Elezioni 2022: chi vince governa, è così difficile da accettare?

- di: Diego Minuti
 
Elezioni 2022: chi vince governa, è così difficile da accettare?
La democrazia è, nella realtà dei fatti, quanto di più distante dalla matematica, perché, anche se chi ottiene la maggioranza ha vinto, non è detto che alla fine sia proprio lui a governare, perché sono tante le variabili che soprassiedono a questa materia. Quindi non deve sorprendere se c'é chi, pensando a quale sarà la composizione del prossimo parlamento, mette quasi delle pregiudiziali, ipotizzando questo o quest'altro, non sulla base di evidenze, ma delle sue convenienze politiche del momento, facendo balenare scenari che la Storia ha, per nostra fortuna, cancellato.

Chi vincerà le Elezioni 2022, governerà. Ma per molti è difficile accettarlo

Di cosa stiamo parlando?
Semplicemente del fatto che, dallo scioglimento delle Camere, è partita una offensiva per screditare Giorgia Meloni, che oggi secondo i sondaggi, non ha rivali nella corsa alla ''primazia'' tra i partiti. Di quanto Fratelli d'Italia sarà davanti a tutti poco importa, perché il discorso qui non riguarda il partito di Giorgia Meloni, quanto il rispetto della volontà popolare.
Chi la infila nell'urna, affida alla scheda una speranza per il futuro. Quindi sceglie, che è la cosa che sta alla base della democrazia. Scegliere per dire: io la penso così e basta.
Ai tempi del centrosinistra (a traino democristiano, con Psi, Pri, Psdi e Pli), potevi votare questo o quello, restando nell'ambito delle cinque possibilità, ma con la consapevolezza che alla fine la formula di governo sarebbe rimasta la stessa, anche se con piccoli scostamenti di pochi seggi.

Oggi, invece (e parliamo degli ultimi anni), questo principio della rappresentanza parlamentare come espressione di una scelta ideologica è venuto a mancare, sacrificato sull'altare del tanto celebrato bene comune. Quindi, andiamo per esempi di grana grossa, chi vota Lega pensandola come il baluardo contro la tanto vituperata sinistra o contro i neofiti grillini, rischia di ritrovarseli tutti insieme in un governo di unità nazionale o salute pubblica che dir si voglia.
E la volontà popolare? Niente, perché i calcoli e gli arzigogoli della politica spesso pensano ad altro che non al popolo sovrano perché votante.
Dopo il 26 settembre, quindi, quale scenario si prospetterà?

Numeri alla mano, non ci dovrebbero essere sorprese perché chi del centrodestra (dato per vincente) avrà un voto più degli altri andrà a palazzo Chigi. Ma qui non è tanto chi ci andrà, ma per quanto, perché oggi tutti quelli che stanno a sinistra del centrodestra preconizzano una deflagrazione della coalizione FdI-Lega-Forza Italia, quasi che ci sia un impedimento genetico.
L'ultimo a sostenere la tesi che, dopo le elezioni, Giorgia Meloni ''non governerà'' è stato Carlo Calenda, che comunque ha detto che centrodestra e sinistra sono accomunati da questa impossibilità.
Quali siano le basi logiche (non quelle politiche, che ciascuno taglia e cuce a seconda di come la pensa) di questo ragionamento restano oscure. Quello che invece appare chiaro è che non si può andare avanti a colpi di ostracismi e preconcetti che intendono delegittimare la volontà della gente. Accettare l'esito delle elezioni è un principio minimo di partecipazione e non ci possono essere timori o allarmi che, oggi, quando il 25 settembre è ancora distante, autorizzino ad una campagna di delegittimazione che offende gli italiani.

Se il centrodestra e Giorgia Meloni vinceranno spetterà a loro l'onere di guidare il Paese sapendo che il giudizio del popolo che oggi potrebbe premiarli cambierà nel momento in cui tradiranno il loro elettorato.
Ed è emblematico che una lezione di democrazia all'Italia giunga da Bruxelles, dove la premier finlandese Sanna Marin - rispondendo ad una domanda postale da un giornalista - ha risposto con la solita concretezza: ''Non entro in questioni nazionali, ma gli italiani hanno diritto di votare come tutti''. Una risposta di buon senso e niente di più. Possibile che a dirci certe cose debba essere il premier di un Paese lontano, politicamente, economicamente e socialmente, come la Finlandia?
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