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L’Europa si arrende: dazi, armi, energia e zero tasse alle Big Tech

- di: Bruno Coletta
 
L’Europa si arrende: dazi, armi, energia e zero tasse alle Big Tech
Trump ottiene tutto: tariffe record, acquisti garantiti di energia e armi, zero imposte per le sue multinazionali e nuovi vincoli militari per la Nato a guida americana (cosa diversa dalla difesa europea) Von der Leyen firma un’intesa che piega la sovranità economica europea e smaschera il fallimento politico dell’Ue. Una ritirata storica davanti agli occhi disillusi dei cittadini europei.

Una firma che pesa come una capitolazione

Non chiamatelo accordo. Quello raggiunto oggi 27 luglio a Glasgow tra Donald Trump e Ursula von der Leyen, presentato come “imponente” dall’ex tycoon e oggi presidente degli Stati Uniti, è un pacchetto di concessioni unilaterali da parte dell’Unione Europea che ridefinisce (in peggio) il rapporto transatlantico.

Il problema non è solo la quantità di miliardi promessi, ma la logica profondamente asimmetrica che guida ogni singolo punto dell’intesa.

Dietro la retorica della “cooperazione”, si nasconde una verità che in molti, nelle cancellerie europee, preferiscono non dire apertamente: l’Europa ha firmato una resa. Ecco perché.

Le sette clausole della sottomissione (più una)

Ogni punto dell’accordo contiene una perdita netta per l’Ue. Le riportiamo in ordine logico, per ricostruire con chiarezza l’architettura di questa ritirata strategica.

1. Dazi unificati al 15% su tutte le esportazioni europee

Il primo colpo è quello più evidente. Gli Stati Uniti hanno deciso di applicare un dazio fisso del 15% su tutte le importazioni europee, eccezion fatta per pochissimi settori.

Fino a oggi, le tariffe medie si aggiravano tra il 3 e il 5%. Ora salgono al triplo, colpendo agroalimentare, auto, componentistica, elettronica, abbigliamento.

A cosa serve allora l’accordo? A evitare dazi ancora più alti, ma non a rimuoverli.

“Abbiamo trovato un punto d’equilibrio”, ha detto Trump. Ma è un equilibrio precario, tutto sbilanciato a favore di Washington.

2. Investimenti per 600 miliardi nell’economia americana

È il piatto forte dell’intesa. L’Unione Europea si impegna a mobilitare investimenti per 600 miliardi di dollari in territorio statunitense entro il 2030. Nessun dettaglio su come saranno distribuiti.

Una cifra equivalente a circa il 45% del Recovery Fund europeo, che sarà dirottata fuori dall’Europa, senza alcuna garanzia di ritorno.

I capitali pubblici europei vanno a finanziare la rinascita industriale di un Paese che continua a imporre dazi e barriere. È il mondo alla rovescia.

3. Acquisti vincolati per 750 miliardi di energia e armi Usa

L’Ue acquisterà gas, petrolio liquefatto e armamenti dagli Stati Uniti per un valore di circa 750 miliardi di dollari in dieci anni.

Una voce che raddoppia l’impegno finanziario dell’Europa e la sua dipendenza da forniture esterne.

“L’Europa sarà il nostro miglior cliente”, ha detto Trump ridendo. Ma nessuno, nella delegazione europea, ha sorriso.

4. I dazi su acciaio e alluminio restano al 50% (secondo Trump) oppure più bassi (secondo von der Leyen, la cui credibilità è però profondamente scossa)

Trump ha ribadito che i dazi al 50% su acciaio e alluminio europei non verranno toccati.

Per le imprese europee è un colpo durissimo. Bruxelles incassa e tace.

5. Nessuna tassa sulle Big Tech americane in Europa

L’Europa ha rinunciato a ogni ipotesi di Digital Levy nei confronti di Amazon, Google, Apple, Meta.

“Non c’è più margine per imposizioni unilaterali”, ha detto un funzionario Ue. In altre parole: avanti pure, evasione digitale.

6. Il 5% del Pil per la Nato: la resa militare

L’accordo si inserisce in una cornice già compromessa: la decisione di portare le spese militari europee al 5% del Pil.

Per l’Italia significherà 20 miliardi di euro aggiuntivi all’anno, che finiscono nelle strutture Nato, a guida statunitense. Ossia, a una cosa molto diversa dalla difesa europea.

“Barboncino di Trump”: così è stato definito il nuovo segretario Nato Mark Rutte. Un tempo impensabile. Ora, tragicamente esatto.

7. Una Commissione isolata e priva di mandato politico

Ursula von der Leyen ha trattato da sola, senza coinvolgere Consiglio Ue o parlamenti nazionali. I leader europei sono stati informati solo a cose fatte.

Il risultato? L’accordo divide l’Europa e isola politicamente chi lo ha firmato.

8. Un colpo definitivo alla fiducia dei cittadini europei

Il punto più grave: il tradimento della fiducia pubblica.

I cittadini vedono una Commissione che cede su tutto, impone sacrifici fiscali, militari ed energetici, e poi regala miliardi a una potenza che li tratta da subordinati.

Le imprese si chiedono perché restare. I governi sono ridotti a esecutori. Gli elettori si radicalizzano.

Una resa in piena regola

L’Europa ha firmato un accordo da cui esce più povera, più divisa, più dipendente.

Ha concesso tutto. Ha accettato le regole di un presidente ostile e protezionista. Ha scelto la sottomissione strategica invece dell’autonomia. L’umiliazione invece della coesione.

Questo non è multilaterismo. Questo è tributarismo del XXI secolo. E la storia presenterà il conto.

 
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