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Tasse, l’inferno è adesso

- di: Bruno Chiavazzo, giornalista e scrittore
 
Tasse, l’inferno è adesso
Siamo tutti (almeno quelli che le tasse le pagano) alle prese in questi giorni con le denunce dei redditi. Il che si traduce nel danno oltre la beffa, sì, perché per compilare la denuncia ti devi affidare a un commercialista che poi devi pagare, visto che provarci da soli è come decifrare un geroglifico. Se vai sul sito dell’Agenzia delle Entrate (quando funziona) per vedere il 730 precompilato, equivale ad addentrarsi in un inferno dantesco e non è detto che poi “uscirai a riveder le stelle”.
Una recente analisi apparsa sul Corriere della Sera certifica che solo il 17% degli italiani pagano le tasse fino all’ultimo centesimo, e sono quelli a busta paga o pensionati. Il resto, in un modo o nell’altro, riesce a eludere o evadere. Ogni governo degli ultimi 40 anni, di qualsiasi colore politico, ha messo nel programma la pia intenzione di “far pagare le tasse a tutti”, tranne poi, una volta al potere, aumentare le accise, le addizionali e qualsiasi altro balzello che passa per quelle teste lesionate che stanno in Parlamento o al governo.
Nel nome della “sacralità” dello Stato sono riusciti a creare un mostro che premia il parassitismo politico e tutto ciò che cresce alla sua ombra. La pressione fiscale ha superato ampiamente il 43% del PIL, il gettito fiscale continua a crescere – come si racconta nei comunicati stampa ministeriali – ma tutti questi soldi non servono ad altro che a mantenere un apparato pubblico inefficiente e bulimico, oltre che fuori controllo, un parastato clientelare sostenuto dai partiti politici.
Il nostro sistema previdenziale è una gabbia contributiva: ogni lavoratore versa oltre un terzo del proprio reddito lordo in contributi senza acquisire un solo diritto certo. È una scommessa: paghiamo contributi oggi senza nessuna certezza che, quando toccherà a noi, avremo la pensione e di quanto. Praticamente una catena di Sant’Antonio con il timbro della Repubblica.
Cosa hanno in cambio i cittadini italiani da questo Stato che brucia più della metà della ricchezza nazionale? Ospedali senza medici, scuole che cadono a pezzi, strade con voragini. Tutto sotto la tutela di una burocrazia che soffoca ogni iniziativa imprenditoriale, ogni voglia di fare, d’innovazione, di ricerca. Di tutto quello, insomma, che non passa sotto il vaglio occhiuto di “mezzemaniche” avvezze solo a mettere timbri e rilasciare permessi.
È necessario, se non indispensabile, uscire da questo paternalismo di Stato: pagare le tasse, certo, ma in cambio avere servizi efficienti e verificabili. In altre parole, rifondare una Repubblica veramente al servizio del popolo sovrano, basata sul merito e sulla responsabilità. Lo so, “vaste programme”, direbbe De Gaulle. Ma prima o poi dovremo pur affrontarlo questo nodo gordiano che assomiglia sempre più a una “garrota” che lentamente ci soffoca.

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