Cinque camion dell’ONU sono riusciti a entrare nella Striscia di Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, segnando una timida ripresa degli aiuti umanitari dopo settimane di blocco quasi totale. Cibo per bambini, medicinali e beni di prima necessità sono finalmente arrivati a destinazione, frutto delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti su Israele.
Gaza sotto assedio: Netanyahu rilancia la guerra totale, Vance rinuncia al viaggio in Israele
Il contesto, però, resta esplosivo: nelle stesse ore l’esercito israeliano ha lanciato un’operazione definita “senza precedenti” su Khan Younis, nel sud della Striscia, teatro di durissimi scontri tra le forze dell’IDF e i combattenti di Hamas. Il doppio binario di assistenza e intensificazione militare continua a scandire il ritmo della crisi.
La linea dura di Netanyahu
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu non arretra di un millimetro. Nonostante le sollecitazioni della comunità internazionale, ha ribadito l’intenzione di “prendere il controllo di tutta Gaza”, smentendo qualsiasi ipotesi di ritiro o di compromesso territoriale. Secondo il leader israeliano, fermare le operazioni ora significherebbe “offrire un premio agli attacchi genocidi del 7 ottobre”, in riferimento al massacro compiuto da Hamas nel sud di Israele. Una posizione che si scontra frontalmente con l’appello lanciato da Francia, Gran Bretagna e Canada, che chiedono congiuntamente lo stop delle operazioni militari. L’avvertimento arriva anche da Washington, dove la linea ufficiale è sempre più in tensione con le scelte del governo israeliano.
Vance si tira indietro, cambiano gli equilibri
In questo contesto carico di contraddizioni, il vicepresidente americano Vance ha deciso di rinunciare alla prevista visita in Israele. Un gesto che ha il sapore di una presa di distanza, per quanto non ufficialmente dichiarato come tale. L’amministrazione americana ha intensificato i contatti con Tel Aviv e con i Paesi arabi per evitare un’ulteriore escalation, ma la posizione intransigente di Netanyahu sta mettendo a dura prova anche i rapporti storicamente solidi con Washington. Il ritiro di Vance dal viaggio è un segnale forte, che aggiunge complessità a uno scenario in continua mutazione.
Gli Houthi bloccano Haifa, cresce la minaccia regionale
Come se non bastasse, un nuovo fronte si è aperto nel Mediterraneo orientale. I ribelli Houthi, legati all’Iran, hanno imposto un blocco navale sul porto di Haifa, uno dei principali snodi marittimi israeliani. La manovra, in parte simbolica ma non priva di impatto economico, rappresenta l’ennesimo segnale dell’estensione del conflitto ben oltre i confini della Striscia di Gaza. L’intento è chiaro: colpire l’economia israeliana in uno dei suoi punti vitali e costringere Tel Aviv a rivedere le priorità strategiche. Anche su questo fronte, il governo americano osserva con crescente preoccupazione, temendo un effetto domino in tutta l’area mediorientale.
L'Italia monitora, Tajani rafforza i contatti
In Europa, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha avuto un colloquio con Gideon Saar, confermando l’impegno dell’Italia per la riapertura stabile dei valichi e l’invio di nuovi aiuti. Roma segue con attenzione la crisi umanitaria, ma anche gli sviluppi militari e politici che rischiano di degenerare in un conflitto regionale. La posizione italiana resta ancorata alla difesa del diritto di Israele a esistere e a proteggersi, ma con un richiamo costante alla proporzionalità delle azioni e alla protezione della popolazione civile palestinese. In questo equilibrio difficile, ogni mossa rischia di modificare radicalmente gli assetti diplomatici.