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Bessent alza la posta: “Fronte comune contro la Cina”

- di: Bruno Coletta
 
Bessent alza la posta: “Fronte comune contro la Cina”
Bessent alza la posta: “Fronte comune contro la Cina”
A Washington il Tesoro Usa spinge per una risposta coordinata su terre rare e petrolio russo. Pressing sugli alleati, ipotesi dazi mirati e uso esteso degli asset di Mosca congelati. Segnali di dialogo, ma la tensione resta alta.

(Foto: il Segretario Usa al Tesoro, Scott Bessent).

Il punto: Washington accelera, l’Europa tentenna

La linea della Casa Bianca è netta: costruire una contro-mossa concertata alle ultime strette cinesi sulle terre rare e ridurre i canali finanziari del Cremlino che passano per le esportazioni energetiche. A margine degli incontri annuali di Washington, il segretario al Tesoro Scott Bessent lavora con Ue, G7 e partner indo-pacifici per una risposta coordinata che tocchi tre leve: controllo delle catene del valore, tariffe mirate e pressione sui flussi di entrate russe.

In pubblico e nelle bilaterali, Bessent ha usato toni duri sulle nuove regole di Pechino per l’export di terre rare e magneti, considerate un collo di bottiglia strategico per elettronica, auto elettrica e difesa. Sul tavolo G7 torna l’ipotesi di allargare l’uso degli asset russi immobilizzati per sostenere Kiev e di colpire chi ha aumentato gli acquisti di greggio da Mosca rispetto ai livelli pre-invasione.

Terre rare: il nervo scoperto delle supply chain

La stretta cinese – licenze più severe, tracciabilità estesa e possibilità di blocchi discrezionali – è letta a Washington come coercizione economica e risposta ai limiti sull’export di semiconduttori. Se Pechino irrigidisse davvero le valvole sulle terre rare, l’impatto si vedrebbe dai chip ai motori elettrici, fino ai sistemi di difesa.

“Non consentiremo che le nostre catene del valore siano ostaggio di decisioni unilaterali”, ha ribadito Bessent nelle riunioni di Washington, lasciando intendere che la porta del dialogo è ancora aperta.

Petrolio russo: l’idea del dazio “per l’Ucraina”

Obiettivo: tagliare i margini di Mosca dove il price cap non basta. Gli Stati Uniti spingono per misure mirate contro i soggetti che alimentano o facilitano lo shift del petrolio russo, con attenzione a chi ha incrementato gli acquisti dopo il 2022. Bessent ha intensificato il pressing sugli alleati asiatici perché riducano l’esposizione residua, mentre in Europa si valuta se agganciare dazi o prelievi su alcuni flussi a favore di Kiev.

L’Europa tra pragmatismo e rischi di frammentazione

Ue e partner G7 sono sempre più orientati a valorizzare gli asset russi congelati per generare nuovi finanziamenti all’Ucraina con uno schema legale blindato. Ma tra obblighi commerciali, interdipendenze con la Cina e rischio di ritorsioni sulle terre rare, le capitali temono effetti collaterali su manifattura, transizione energetica e prezzi. La partita è tenere insieme deterrenza e competitività, evitando il boomerang sulle filiere europee.

Cosa può succedere nelle prossime settimane

  • Negoziare sulle terre rare: canali preferenziali controllati per usi civili critici e riduzione della pressione tariffaria.
  • Nuove misure G7 su trader, shipping e assicurazioni che eludono i tetti di prezzo, con sanzioni mirate.
  • Asset russi immobilizzati come leva di scala per prestiti strutturali a Kiev.
  • Summit in Corea del Sud: possibile cessate-il-fuoco commerciale oppure nuove tariffe se il dialogo fallisse.

Il rischio sistemico: volatilità e capitale politico

I mercati hanno già prezzato una quota di rischio; ma il passaggio dalle tariffe generiche ai minerali abilitanti aumenta la probabilità di shock sui prezzi per componenti e tecnologie verdi. In parallelo, la strategia Usa di intervento diretto in nodi industriali sensibili prefigura una fase più attivista nelle politiche industriali delle democrazie avanzate. 

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