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Giappone: nuovo corso sull’immigrazione e ministero “coabitazione”

- di: Jole Rosati
 
Giappone: nuovo corso sull’immigrazione e ministero “coabitazione”
Giappone: nuovo corso sull’immigrazione e ministero “coabitazione”

Con il governo Takaichi (la premier è a destra nella foto) nasce un dicastero ad hoc per «una società in cui convivano ordinatamente giapponesi e stranieri».

Al centro del nuovo esecutivo guidato da Sanae Takaichi appare con forza un segnale che non passa inosservato: la creazione di un ministero dedicato alla cosiddetta «convivenza ordinata con gli stranieri». Prima pietra concreta della svolta sull’immigrazione che l’ala conservatrice del partito di governo aveva annunciato da tempo.

Un ministero tattico ma simbolico

Il nuovo dicastero – ufficialmente incaricato di promuovere una società in cui giapponesi e residenti stranieri «convivano ordinatamente» – è stato affidato a Kimi Onoda, 42 anni, deputata conservatrice considerata emergente nell’ala dura della Liberal Democratic Party (LDP). La nomina è segnalata da fonti del 22 ottobre 2025.

In conferenza stampa Onoda ha dichiarato: “Gestiremo con rigore i casi di chi non segue le regole”, precisando che saranno rivisti i sistemi “che non rispondono adeguatamente alle attuali problematiche legate alla presenza straniera”.

Impatto e contesto politico

Il quadro politico nipponico stava già cambiando marcia: la LDP, uscita indebolita dalle elezioni, ha stretto un’alleanza con Nippon Ishin no Kai (Japan Innovation Party), formazione di destra nazionalista che aveva registrato un forte balzo elettorale.

Una scelta che suggerisce – come rilevano analisti – un chiaro spostamento verso politiche più dure sull’immigrazione e una retorica nazionalista più marcata.

Obiettivi dichiarati e ambiguità operative

Nel suo discorso, Onoda ha fatto riferimento a episodi di reati commessi da cittadini non-giapponesi o all’«uso improprio» dei sistemi di welfare, sostenendo che vi siano «casi percepiti dai cittadini come ingiusti o preoccupanti». Questa scelta linguistica segnala come l’agenda del governo intenda legare immigrazione e ordine sociale.

Tuttavia, secondo un commento critica pubblicato il 12 ottobre 2025 dall’analista Yasuo Takao, la realtà dei dati non supporta le narrazioni di una “invasione” straniera: i residenti stranieri in Giappone sono circa il 3 % della popolazione e non vi è evidenza che il tasso di crimini a loro carico sia cresciuto — anzi, è diminuito rispetto a due decenni fa.

I numeri dietro la svolta

Secondo l’agenzia giapponese per i servizi d’immigrazione, a fine 2024 i residenti stranieri nel Paese erano circa 3,76 milioni, in aumento di quasi l’80% rispetto al 2014. Questa crescita — a dispetto della retorica restrittiva — sottolinea una realtà già fortemente presente.

In tal senso, la creazione del ministero sembra non tanto una mossa integrativa quanto un tentativo di rafforzare il controllo: come nota un esperto, «il governo sembra intenzionato più a gestire la presenza straniera che ad accoglierla».

Cosa cambia sul piano pratico

  • Maggiore attenzione normativa verso sfruttamenti o abusi dei sistemi di welfare da parte di non-cittadini.
  • Revisione dei permessi di soggiorno e dei controlli sulla fedeltà civica dei residenti stranieri, secondo la retorica del nuovo esecutivo.
  • Possibile aumento delle barriere all’accesso a determinati servizi per stranieri ed introduzione di criteri più stringenti per determinati tipi di visto.

Tutti questi elementi erano già stati ampiamente anticipati durante la campagna interna che ha portato Takaichi alla leadership della LDP: la politica sull’immigrazione è diventata una delle chiavi per conquistare il sostegno dell’ala conservatrice del partito.

Reazioni e sfide future

Da parte della società civile e degli operatori economici emergono preoccupazioni: il Giappone, con la sua demografia in rapido declino, rischia di trovarsi in conflitto tra la necessità di manodopera straniera e una politica che ne punta principalmente a limitare l’accesso. Secondo Takao, «senza un’integrazione reale, i settori chiave e le comunità locali pagheranno il conto».

Inoltre, il governo Takaichi si insedia in una posizione parlamentare precaria: la coalizione con Ishin non garantisce una maggioranza robusta e l’uscita del tradizionale alleato Komeito ha complicato i margini di manovra.

Un messaggio chiaro

Il messaggio che arriva dal nuovo governo giapponese è chiaro: è il diritto alla convivenza, ma a condizione che sia «ordinata» e integrata in un modello nazionale che sembra tornato a valorizzare la supremazia culturale giapponese. Il ministero ad hoc costituisce un simbolo potente: non tanto di apertura verso il mondo, quanto di controllo e selezione.

Resta da capire se questa strategia risponderà alle sfide reali del Paese — in primis l’invecchiamento e la carenza di forza lavoro — o se invece genererà tensioni interne e contraddizioni difficili da gestire. Per ora, la svolta è in atto e gli occhi internazionali restano puntati su Tokyo.

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