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Giorgetti resiste sotto il fuoco incrociato: “Io devo decidere, non fare il professore”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Giorgetti resiste sotto il fuoco incrociato: “Io devo decidere, non fare il professore”

È una scena già vista, ma che non smette di raccontare un equilibrio fragile: quello tra la freddezza dei numeri e la responsabilità del potere. Giancarlo Giorgetti, seduto di fronte alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, ascolta in silenzio la lunga sfilata di giudizi, previsioni, critiche. Poi, quando tocca a lui, lascia scivolare la frase che diventa la chiave dell’intera giornata di ieri : «Ho lo svantaggio di dover prendere le decisioni, non di fare solo il professore». È la battuta di chi sa che in politica non bastano i grafici, ma serve il coraggio della scelta.

Giorgetti resiste sotto il fuoco incrociato: “Io devo decidere, non fare il professore”

Le relazioni tecniche di Istat, Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di Bilancio convergono tutte su un punto: il taglio dell’Irpef, bandiera della manovra, distribuisce i vantaggi soprattutto nella parte alta della scala dei redditi.
Il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, lo dice con la chiarezza dei numeri: «L’85% delle risorse del taglio Irpef andrà alle fasce di reddito più elevate». Precisa che il beneficio resta modesto per tutti — meno dell’1% del reddito familiare — ma la concentrazione verso l’alto non lascia spazio a dubbi.
È un dato che si fa immediatamente politico, perché tocca la natura stessa della manovra: redistribuzione o sostegno ai ceti medi-alti?

La fotografia di Bankitalia: disuguaglianze e potere d’acquisto
Dal fronte di via Nazionale arrivano parole che un tempo sarebbero sembrate d’avvertimento, oggi suonano come un invito alla prudenza. Fabrizio Balassone, per Bankitalia, osserva che la riduzione delle aliquote “non cambia in modo significativo la distribuzione del reddito” e ricorda che le famiglie hanno perso circa il 10% del potere d’acquisto negli ultimi anni, recuperandone solo una parte.
Poi, il rilievo più tagliente: la rottamazione delle cartelle “rischia di costare all’erario 1,5 miliardi” e, soprattutto, di indebolire la fiducia nelle regole fiscali. Anche il settore bancario, pur solido, andrebbe trattato con continuità e non con “modifiche inattese” alla tassazione.

La Corte dei Conti e l’ombra della “compliance”
Quando interviene Mauro Orefice per la Corte dei Conti, la temperatura del confronto sale. L’organo di controllo, da tempo in frizione con il governo su più dossier, mette in fila le criticità: il taglio Irpef favorisce “i contribuenti tra 50 e 200 mila euro”, la sanatoria fiscale “può ridurre la compliance” e trasformare “lo Stato in un finanziatore dei morosi”.
L’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, aggiunge Orefice, rischia di “spingere verso l’evasione” e di generare un effetto boomerang su un mercato già fragile. È il linguaggio severo di chi misura il rischio di rendere il sistema meno equo, proprio mentre si cerca di renderlo più leggero.

L’Ufficio parlamentare di Bilancio: effetti limitati, vantaggi selettivi
Dalle carte dell’Ufficio parlamentare di Bilancio emerge un altro paradosso: la misura fiscale simbolo della manovra pesa poco sui bilanci delle famiglie a reddito medio-basso, mentre garantisce un beneficio tangibile ai livelli più alti. In media, 23 euro per un operaio, 408 per un dirigente.
È la matematica della politica economica, che spesso traduce l’intenzione in disparità, e che torna a chiedere: chi deve essere il vero beneficiario della crescita?

Giorgetti, la difesa del decisionista
Quando finalmente prende la parola, Giorgetti sceglie un tono che unisce fermezza e realismo. “Ho grande rispetto per chi mi ha preceduto, ma bisogna guardare al complesso delle misure. Il nostro è un intervento equilibrato, coerente nel tempo”.
Sull’Irpef rivendica il principio della misura: “Protegge i redditi medi e amplia la platea di chi aveva beneficiato del taglio del cuneo fiscale. Coinvolge il 32% dei contribuenti, con un beneficio medio di 218 euro, fino a 440 euro per le fasce più alte di reddito medio”.
Sulla rottamazione chiarisce: “Non è una sanatoria che regala qualcosa. È un aiuto a chi non ce la farebbe a continuare l’attività se dovesse onorare tutto il debito in un colpo solo”.
E sugli affitti brevi chiude il cerchio: “Abbiamo toccato la cedolare secca che riguarda Airbnb. Nessuno è stato danneggiato, e chi vive nella propria casa non ha nulla da temere”.

La solitudine del ministro che decide
Così si conclude il confronto, tra analisi tecniche e scambi di parole misurate. Giorgetti rimane solo al centro di un equilibrio fragile: da una parte la logica dei contabili, dall’altra la pressione dei conti pubblici, delle promesse politiche, delle famiglie in affanno.
Le critiche lo incalzano, ma lui si appella alla responsabilità del governo: “Decidere non è esercizio accademico, è un atto politico”.
E in quella frase, che sembra un refolo di stanchezza ma è in realtà una dichiarazione di metodo, si condensa la differenza tra chi misura e chi sceglie. Gli altri fanno i professori, lui – come ama ripetere – deve fare il ministro.

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