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GNL e minerali, il nuovo asse Sudafrica-USA tra accordi commerciali e tensioni geopolitiche

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
GNL e minerali, il nuovo asse Sudafrica-USA tra accordi commerciali e tensioni geopolitiche
Johannesburg e Washington stringono un patto energetico che punta a consolidare la cooperazione economica tra due economie distanti ma strategicamente convergenti. Il Sudafrica ha annunciato un piano per importare dagli Stati Uniti tra 75 e 100 petajoule di gas naturale liquefatto (GNL) all’anno, in un accordo decennale dal valore stimato tra 900 milioni e 1,2 miliardi di dollari l’anno. A confermare l’intesa è stato il Ministro della Presidenza, Khumbudzo Ntshavheni, in un comunicato ufficiale che ha sottolineato l’intenzione di Pretoria di non sostituire i fornitori attuali – primo fra tutti il Mozambico – ma di integrare la propria sicurezza energetica con una fonte ritenuta affidabile e politicamente funzionale alla strategia di diversificazione.

GNL e minerali, il nuovo asse Sudafrica-USA tra accordi commerciali e tensioni geopolitiche

Il piano si inserisce in un più ampio progetto di cooperazione tecnologica. Gli Stati Uniti, infatti, non si limiteranno alla fornitura di gas, ma contribuiranno con investimenti mirati nelle infrastrutture sudafricane legate al trasporto, alla liquefazione e alla distribuzione del GNL. In parallelo, i due Paesi collaboreranno su tecnologie strategiche per “sbloccare la produzione nazionale di gas” in Sudafrica, una prospettiva che punta a rafforzare la capacità produttiva interna e a rendere meno vulnerabile il Paese rispetto alle fluttuazioni del mercato globale. Per Washington si tratta di un investimento che unisce ritorno economico e vantaggio geopolitico, rafforzando la propria presenza in un continente su cui Cina e Russia giocano da anni una partita d’influenza.

Industria automobilistica e materie prime al centro dell’intesa

Oltre al gas, l’accordo prevede significative agevolazioni doganali. Il Sudafrica potrà esportare fino a 40.000 veicoli l’anno negli Stati Uniti in esenzione totale da dazi, così come godrà dell’accesso privilegiato per componenti destinati all’industria automobilistica americana. Una misura che premia la competitività manifatturiera sudafricana e che potrebbe diventare leva per attrarre ulteriori investimenti esteri. Ma la cooperazione bilaterale si estende anche al settore dei minerali critici: il Sudafrica, già fornitore chiave di platino, manganese e terre rare, metterà a disposizione le proprie capacità di raffinazione e lavorazione industriale per favorire un commercio ad alto valore aggiunto. Washington, dal canto suo, individua in Pretoria un attore affidabile per diversificare le filiere globali in un momento di forte pressione su quelle asiatiche.

Ramaphosa scommette sull’integrazione economica

Il presidente Cyril Ramaphosa ha descritto la missione a Washington come “un passo strategico per rafforzare il partenariato economico con il nostro secondo partner commerciale mondiale”. In una lettera pubblica, ha sottolineato l’importanza di consolidare i rapporti con gli Stati Uniti “in un quadro di rispetto reciproco, complementarità produttiva e sviluppo condiviso”. Ma le parole del presidente non sono bastate a schermare la visita dagli effetti collaterali del clima diplomatico teso tra i due Paesi. Il colloquio con Donald Trump si è svolto in un’atmosfera di tensione, alimentata da divergenze profonde su questioni interne ed equilibri geopolitici.

Trump attacca sul fronte politico e culturale

Durante il faccia a faccia alla Casa Bianca, Trump ha interrotto la conversazione per mostrare un video su un presunto “genocidio bianco” ai danni della minoranza afrikaner in Sudafrica, sollevando accuse legate alla legge sulla confisca dei terreni, il South African Expropriation Act. Entrata in vigore nel gennaio scorso, la norma consente allo Stato di espropriare proprietà private, anche senza indennizzo, per finalità pubbliche. Trump ha definito la misura “inaccettabile e discriminatoria”, accusando il governo sudafricano di perseguitare la popolazione bianca e di mantenere una posizione ostile verso Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia. Ramaphosa ha respinto con fermezza queste affermazioni, definendole “strumentali e del tutto infondate”.

Una cooperazione tra pragmatismo e frizione diplomatica

L’intesa commerciale si colloca così in un contesto paradossale: da un lato, segnali di apertura e collaborazione economica strutturata; dall’altro, una narrativa diplomatica condizionata da accuse ideologiche e divergenze sulle priorità strategiche. Per il Sudafrica, l’accordo con gli Stati Uniti rappresenta una possibilità concreta di rafforzare il proprio tessuto produttivo e ampliare il portafoglio dei partner industriali. Per gli Stati Uniti di Trump, il piano consente di consolidare la propria influenza su un mercato emergente, ma non esclude il ricorso a strumenti retorici di pressione politica.

Un patto fragile in uno scenario globale instabile

Se da un lato l’intesa GNL può aprire nuove vie per l’interdipendenza economica tra le due sponde dell’Atlantico sud, dall’altro la visita di Ramaphosa ha mostrato quanto sia ancora fragile l’equilibrio tra diplomazia commerciale e tensione ideologica. Il nuovo patto, costruito su gas, minerali e automotive, pone le basi per un rafforzamento della cooperazione economica, ma resta esposto ai venti mutevoli della geopolitica e agli umori di un interlocutore americano che alterna pragmatismo negoziale a provocazioni ideologiche. L’Africa resta centrale nella ridefinizione dei rapporti di forza globali. Ma il prezzo dell’ingresso nelle grandi catene del valore è, ancora una volta, la gestione di equilibri politici tanto delicati quanto imprevedibili.
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