A Hong Kong, la metropoli asiatica nota per essere tra le più care al mondo, oltre 220.000 persone vivono stipate in micro-spazi abitativi che non superano i 2 metri quadri. Le chiamano “coffin homes”, letteralmente “case bara”, e il nome non è solo una suggestione mediatica: si tratta spesso di veri e propri box di legno o metallo, allineati uno accanto all’altro in stanze senza finestre, con un materasso, qualche oggetto personale e poco più. Il costo mensile? Fino a 350 euro, una cifra che in molti casi assorbe più della metà del reddito mensile.
Vivere in 1,5 metri quadri: la piaga invisibile delle “case bara” di Hong Kong
Il mercato immobiliare della città è uno dei più proibitivi al mondo: il prezzo medio al metro quadro per acquistare casa supera i 20.000 dollari, rendendo impossibile per ampie fasce di popolazione accedere a un alloggio dignitoso.
Tre livelli di microspazi, tutti sotto la soglia della dignità
Le “coffin homes” rappresentano solo l’apice estremo di un’emergenza abitativa più ampia, che si manifesta in tre principali tipologie di alloggi. I mini-appartamenti, spesso ricavati da un’unica stanza suddivisa in quattro o cinque micro-unità, misurano intorno ai 10 metri quadri e possono arrivare a costare 700 euro al mese. Più piccoli ancora sono i cosiddetti “closet homes”, di 3,5 metri quadri, che spesso non hanno né bagno né cucina: gli affitti si aggirano sui 450 euro. Infine, le “coffin homes” vere e proprie: scatole da 1,5 metri quadri, spesso impilate come letti a castello, senza ventilazione né spazio per stare in piedi. In alcuni casi, si arriva alla variante ancora più drammatica delle “case gabbia”, compartimenti metallici da 1,3 metri quadri, simili a celle, dove si dorme in mezzo a cimici, muffa e umidità. L’affitto? Anche 170 euro, pur in condizioni igieniche al limite della sopravvivenza.
Chi vive in una bara? La mappa sociale della miseria urbana
Secondo gli ultimi dati diffusi dalla stampa locale, circa il 64% degli abitanti di queste abitazioni ha tra i 25 e i 64 anni. Tra loro ci sono operai, fattorini, persone con disturbi mentali, anziani, ex detenuti, tossicodipendenti e migranti. Ma ci sono anche circa 50.000 minori, che crescono in questi spazi senza privacy, in un ambiente spesso infestato da insetti, con pareti in cartongesso e reti arrugginite come pareti divisorie. Sono alloggi illegali, ricavati senza permessi, spesso in edifici decadenti e privi di sicurezza: un incendio, in spazi così affollati, significherebbe una strage. I residenti sopravvivono in un’ombra sociale permanente, costretti ad accettare condizioni degradanti pur di avere un tetto sopra la testa.
Un problema esploso con la speculazione edilizia
Nel 2007 le unità abitative illegali a Hong Kong erano circa 66.000. Oggi superano quota 100.000. Questo incremento è il riflesso diretto di una crisi che ha radici nella bolla immobiliare e nella scarsità di nuove costruzioni pubbliche. Le politiche abitative hanno fallito nel creare soluzioni accessibili, mentre la speculazione ha favorito solo il mercato di lusso. Anche quando vengono costruiti nuovi appartamenti, i tempi d’attesa per accedervi sono estenuanti: in media sette anni. Il risultato è un’emergenza sociale silenziosa, che convive con i grattacieli della finanza e i quartieri residenziali più costosi dell’Asia.
La promessa del governo e la distanza dalla realtà
Le autorità locali hanno promesso di porre fine a questa vergogna entro il 2049, con piani di edilizia pubblica e nuovi alloggi a prezzi calmierati. Ma la distanza tra annuncio politico e realtà quotidiana resta abissale. Ogni giorno, nuove famiglie vengono costrette ad accettare sistemazioni inaccettabili. Le organizzazioni umanitarie denunciano l’inerzia istituzionale, mentre le Nazioni Unite hanno definito le “coffin homes” un insulto alla dignità umana. Per molti giovani e lavoratori, l’alternativa a una casa bara è la strada o il pendolarismo estremo. Hong Kong, che si presenta al mondo come hub dell’innovazione e della finanza, mostra in queste microcelle il volto più spietato della diseguaglianza urbana.