Un attacco missilistico attribuito all’Iran ha colpito il quartier generale del Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana, in un’area nei pressi di Tel Aviv. A diffondere la notizia è l’agenzia russa Tass, che cita a sua volta la fonte iraniana Tasnim. Se confermata, si tratterebbe di una delle azioni più clamorose dall’inizio dello scontro tra i due Paesi, in un’escalation che sembra ormai fuori controllo. L’attacco arriva mentre le diplomazie mondiali sono ferme e il G7 è stato scosso dalla partenza anticipata di Donald Trump, che ha lasciato il vertice canadese per far ritorno a Washington.
Israele-Iran, attacco al Mossad: escalation senza precedenti
La reazione israeliana non si è fatta attendere. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno annunciato di aver eliminato Ali Shadmani, nuovo comandante dell’esercito iraniano, subentrato da pochi giorni a un predecessore ucciso a sua volta da Israele. Un colpo durissimo per Teheran, che rischia di alimentare il senso di accerchiamento e vendetta. L’eliminazione mirata rappresenta una chiara dimostrazione della capacità operativa e di intelligence dello Stato ebraico, che ha già fatto sapere di essere pronto a colpire altri obiettivi strategici in Iran.
Strategia militare e nuove operazioni in vista
Durante una riunione a porte chiuse con gli ufficiali delle forze armate, il capo della direzione dei servizi segreti militari israeliani, Generale Binder, ha affermato che “presto daremo il via alle operazioni” in altre aree strategiche dell’Iran. Le sue parole confermano l’intenzione di Israele di non fermarsi e anzi di anticipare nuove azioni per destabilizzare ulteriormente il nemico. Secondo fonti militari, l’Idf avrebbe “spianato la strada a Teheran” con una serie di operazioni preliminari che permetteranno incursioni rapide e ad alta precisione.
Il conflitto si internazionalizza
L’attacco al Mossad rappresenta un salto di qualità nel conflitto, che da settimane si muove su un doppio binario: quello degli attacchi militari e quello della guerra psicologica. I servizi di intelligence sono diventati bersagli diretti, in una strategia che punta a colpire il cuore delle strutture decisionali dei due Paesi. Il rischio concreto è che la guerra entri ora in una fase di totale destabilizzazione, con effetti non solo regionali ma anche globali. A preoccupare è il ruolo che potrebbero giocare altri attori internazionali, chiamati a schierarsi in uno scenario che rischia di sfuggire di mano.
Silenzio e allerta nelle cancellerie occidentali
Al momento, da parte delle principali potenze occidentali non si registrano commenti ufficiali sull’attacco al Mossad. Le cancellerie europee e l’amministrazione americana osservano con preoccupazione quanto accade, mentre sul campo i segnali sono inequivocabili: la guerra tra Israele e Iran ha ormai superato la soglia del contenimento. Il conflitto, a lungo rimasto in una dimensione indiretta e fatta di ombre, esce allo scoperto e si fa diretto, visibile, senza più ambiguità. L’equilibrio regionale, già fragile, viene messo a dura prova da una catena di attacchi e rappresaglie che minano ogni ipotesi di mediazione.
Israele prepara la fase due
Dietro le parole del generale Binder si delinea la strategia israeliana per i prossimi giorni: entrare nel cuore del territorio iraniano, colpire le basi militari, destabilizzare le catene di comando. È una guerra nuova, dove la logica della deterrenza ha lasciato il posto alla volontà di infliggere danni permanenti. Lo scontro si trasforma in un’escalation a tappe, in cui ogni colpo chiama un contraccolpo sempre più distruttivo. E con la fine del G7 segnata dalla fuga di Trump, sembra mancare una cornice multilaterale in grado di riportare le parti sulla via del negoziato.