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Istat, l’85% del taglio Irpef andrà alle fasce più alte

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Istat, l’85% del taglio Irpef andrà alle fasce più alte

Il taglio dell’Irpef previsto dalla manovra economica avrà effetti limitati sul reddito delle famiglie italiane e concentrati soprattutto sulle fasce più alte. È quanto emerge dall’audizione del presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato.

Istat, l’85% del taglio Irpef andrà alle fasce più alte

Secondo le simulazioni dell’Istituto di statistica, il provvedimento interesserà poco più di 14 milioni di contribuenti, pari a circa un terzo della popolazione adulta, per un beneficio medio annuo di 230 euro a persona. Le famiglie coinvolte saranno circa 11 milioni, corrispondenti al 44% del totale delle famiglie residenti, con un beneficio medio di 276 euro l’anno.

“Taglio concentrato sui redditi più alti”
Chelli ha chiarito che oltre l’85% delle risorse destinate alla misura andranno alle famiglie con redditi medio-alti, ossia quelle collocate nella parte superiore della distribuzione del reddito disponibile.
L’Istat sottolinea inoltre che, pur in presenza di un beneficio medio compreso tra 102 e 411 euro l’anno, l’impatto sul reddito complessivo delle famiglie resterà inferiore all’1% per tutte le classi di reddito. In altre parole, l’effetto redistributivo della misura sarà modesto e non tale da incidere significativamente sull’equilibrio economico delle famiglie italiane.

Un’agevolazione con effetto limitato
Il presidente dell’Istat ha spiegato che la rimodulazione delle aliquote Irpef – uno dei pilastri della legge di bilancio 2026 – produrrà un incremento nominale della disponibilità economica, ma senza modificare in maniera sostanziale le dinamiche dei consumi o del risparmio.
La stima tiene conto dell’impatto combinato delle nuove aliquote e delle detrazioni, con particolare riferimento ai contribuenti con redditi fino a 50 mila euro.

L’effetto sulle famiglie
Secondo l’analisi Istat, nelle famiglie con più percettori di reddito l’impatto sarà leggermente più consistente, ma rimarrà comunque contenuto rispetto all’aumento del costo della vita.
Per la maggior parte dei nuclei familiari, il vantaggio fiscale si tradurrà in una maggiore disponibilità mensile di circa 20 euro. Una cifra che, ha sottolineato Chelli, «non incide in modo sostanziale sul potere d’acquisto, ma può contribuire marginalmente a sostenere la spesa corrente».

Le disuguaglianze restano aperte
L’audizione dell’Istat arriva in un momento di forte attenzione al tema dei redditi reali e del potere d’acquisto. Lo stesso Chelli, nei giorni scorsi, aveva ricordato che le retribuzioni contrattuali lorde in termini reali sono ancora inferiori di oltre l’8% rispetto a gennaio 2021, a causa dell’inflazione che ha colpito duramente i bilanci familiari nel biennio 2022-2023.
In questo contesto, l’efficacia redistributiva del taglio Irpef rischia di essere limitata, lasciando irrisolte le differenze strutturali tra le fasce più e meno abbienti.

Una fotografia del Paese
I dati Istat offrono dunque una fotografia chiara: la misura di alleggerimento fiscale, pur coinvolgendo un ampio numero di contribuenti, non produrrà un effetto significativo in termini di equità.
La concentrazione dei benefici sui redditi più alti e l’impatto marginale sui bilanci familiari medi sollevano interrogativi sulla capacità della manovra di sostenere davvero la domanda interna o di riequilibrare le disuguaglianze.

La sfida, come ha lasciato intendere il presidente Chelli, resta quella di coniugare crescita e giustizia redistributiva, in un contesto economico che continua a segnare differenze profonde tra le diverse aree del Paese e tra le varie fasce di popolazione.

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