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L'Italia ha ormai messo la freccia a Destra

- di: Redazione
 
L'Italia ha ormai messo la freccia a Destra
Da crollo a tracollo, da sconfitta a disfatta: le definizioni della vittoria del centro-destra nel ballottaggio delle amministrative nei confronti di una opposizione che è tale solo ormai di nome segnano, nei fatti e nei numeri, la nuova geografia politica del Paese, meglio ancora, addirittura, dell'esito delle elezioni che hanno portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.
L'esito del ballottaggio delle amministrative, pur nel relativo peso numerico di una consultazione a forte connotazione locale, sancisce in modo inequivocabile e forse definitivo il distacco della Sinistra ufficiale dal Paese, che stenta a capire quale modello essa proponga, posta la fragilità evidente del Pd targato Elly Schlein e la pochezza dei Cinque Stelle, ormai preda delle scelte ondivaghe e contingenti di Giuseppe Conte, impegnato in una lotta di sopravvivenza priva di qualsiasi proposta alternativa degna di tale nome.

L'Italia ha ormai messo la freccia a Destra

La vittoria della Destra, quindi, come segnale di un'equivocabile scelta degli italiani, che si è manifestata soprattutto in quelle che un tempo erano le roccaforti della Sinistra, cadute per effetto di una retorica che ha mostrato inequivocabili segni di in adeguatezza. Il ritornello che la buona amministrazione stava solo a Sinistra ha evidentemente stancato gli elettori, che hanno scommesso in massa sulla proposta dei partiti al governo nazionale, sperando in una inversione di tendenza che porti ad un miglioramento della vita nelle città, piccole e grandi, alle prese con problemi enormi.

Il fatto che ieri la maggioranza nazionale ha stravinto (anche se la particolarità del voto locale rende difficile disaggregare i consensi dei singoli partiti, a loro volta erosi ai fianchi da liste e candidati civici, tradizionalmente di area conservatrice) deve suonare da ammonimento anche per i sindaci di sinistra delle metropoli, che dovranno confrontarsi, oltre che con i problemi di sempre, anche con il fatto che non troveranno nel governo sponde sempre sensibili. E questo, in fondo, è anche normale, se si guarda alle dinamiche politiche degli ultimi trent'anni e di come le maggioranze nazionali abbiano sempre fatto valere il loro ruolo nei confronti degli avversari.

Questo non significa che ci saranno vendette o altro, ma semplicemente che a richieste e istanze che verranno da città governate dalla sinistra verranno fatte le pulci e non accettate de plano come accaduto sino a ieri.
E' quindi un'Italia decisamente a destra quella che si è svegliata adesso, senza che questo nasconda insidie e difficoltà. Perché, come si usa dire, dopo avere vinto bisogna sapere governare e, in generale, non è che a livello locale sia un periodo bellissimo per farlo. Ma oggi, forse a sostanziale differenza del passato, c'è un governo forte a tutti i livelli, anche se non certo molto coeso. Un governo che ha detto (e lo sta facendo) di volere imprimere un cambio di passo al Paese, anche a costo di mettersi per traverso sulle scelte di Bruxelles. E la tornata delle amministrative conclusasi ieri è un chiaro segnale di come ormai l'attenzione della politica si stia per spostare verso lo scenario comunitario, dove è facile prevedere che l'attuale trazione popolare possa essere fortemente insidiata dall'ondata dei partiti conservatori, alcuni dei quali a forte connotazione sovranista. Uno scenario diverso, anzi rivoluzionato della cui nuova composizione Giorgia Meloni vuole essere protagonista, se non addirittura artefice.

In tutto questo sorprende come il nuovo Pd non si renda conto di come l'avvento della nuova segretaria e della nuova segreteria, dopo la tradizionale iniziale ventata di simpatico consenso, abbia sbandato non gli iscritti, tradizionalmente inquadrati e coperti, quanto gli elettori di area progressista che stentano a riconoscersi in un partito che parla dei massimi sistemi, e non dei problemi della gente.
Un processo che sembra destinato ad acuirsi perché, nemmeno davanti alla debacle, i papaveri del Pd sanno avviare un'autocritica, limitandosi ad accettare il risultato senza nemmeno analizzarne le cause.
Ma, al di là della soddisfazione della vittoria, i partiti di governo non possono auspicarsi - parliamo di strategie, non di analisi del presente - di non avere una opposizione e non solo perché questo è il gioco della democrazia.
Una opposizione che sia tale serve per fungere da stimolo, magari anche se dopo non si tiene alcun contro delle sue critiche e proposte. Perché un Paese ''completamente'' a destra (o a sinistra, parliamo di modelli) se è una condizione che dà l'ebbrezza del potere, non serve a nessuno.
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